La vita di una donna, in Iran, "è una vita piena di paure: in quanto ragazza, non hai i diritti più semplici. Non puoi andare in bicicletta o ballare in pubblico perché è proibito. Per la legge, la vita di tre donne equivale a quella di un uomo".
Sarah (nome di fantasia) frequentava una delle migliori università di Teheran, prima di trasferirsi in Ticino. Per il timore di ritorsioni contro la sua famiglia che vive ancora in Iran, può parlare solo proteggendo la sua identità. Ci racconta che lei stessa, una volta, è stata arrestata.
"Ero a una festa con gli amici dell'università e improvvisamente c'erano poliziotti ovunque. Un'agente ha iniziato a filmarci. Ho chiesto perché. Mi ha risposto: perché se ti succede qualcosa dopo l'arresto, possiamo mostrare ai tuoi genitori che stavi bene e che noi non c'entriamo niente".
Ti hanno messa in prigione dopo questa festa? "No, solo in custodia dalla polizia”, racconta. “Se il tuo hjiab è messo male, chiamano i genitori per farti coprire. Ma se hai bevuto alcol, anche se non sei ubriaco, possono frustarti. Non è successo a me, ma a un mio amico. Hanno chiamato prima i genitori per portare una crema anestetica da mettergli sulla schiena. Ma hanno dimenticato di mettergliela dietro le gambe. I genitori sentivano le urla dall'altra parte della porta".
A settembre, la morte della ventiduenne Mahsa Amini mentre era detenuta dalla polizia morale, ha scosso il Paese. Le proteste anti-regime sono scattate ovunque e sono andate avanti per mesi. Poi, è arrivata la repressione: migliaia gli arresti e decine le persone condannate a morte.
"È difficile sapere il numero esatto di persone imprigionate o giustiziate”, spiega Sarah. “Ma io, i miei familiari e i miei amici conosciamo tutti almeno una persona che è stata incarcerata. Questo fa supporre che i numeri sono molto più alti di quelli che circolano".
In queste settimane, in Iran decine di studentesse sono state avvelenate con del gas all'interno delle scuole. I responsabili non sono ancora stati individuati, ma secondo Sarah non c'è dubbio che si tratti di una ritorsione per colpire il Movimento di liberazione delle donne, perché proprio le ragazze “sono il fronte della protesta”.
Vorresti tornare in Iran un giorno? "A vivere, solo se il regime cambia. Non so quando succederà, ma spero che accadrà in futuro".
Qual è la libertà che apprezzi di più nella tua nuova vita qui in Svizzera? "Non so se possiamo chiamarla libertà. Ma già solo la percezione di essere al sicuro, di poter uscire senza preoccuparmi di mettere il velo, senza che nessuno mi chieda con chi sto uscendo. Ecco, le cose più semplici qui sono la mia libertà".