Il momento della verità per 1,3, miliardi di cittadini indiani arriverà il 23 maggio, quando si sarà concluso il più grande esercizio elettorale del mondo: sette turni di voto a partire dall’11 aprile per scegliere la diciassettesima composizione della Camera bassa del Parlamento e di alcune assemblee statali.
Per molti il voto è un referendum sul primo Ministro Narendra Modi, che spera di ripetere il successo del 2014, quando il suo partito nazionalista indù BJP ha conquistato la maggioranza assoluta. Il suo messaggio è chiaro: ci vuole più tempo per cambiare l’India.
Rahul Gandhi è il candidato del principale partito d’opposizione, l’Indian National Congress, ma è la sorella minore Priyanka Gandhi Vadra, ad aver entusiasmato le folle, la vera erede della dinastia Nehru-Gandhi.
I sostenitori di Modi sottolineano che è stato capace di frenare la corruzione e di costruire strade e porti, per i suoi detrattori sono troppe le promesse non mantenute, come creare i milioni di impieghi necessari per sostenere la crescita economica.
I partiti politici competono sui programmi destinati ai poveri, ma per gli analisti l’India ha urgentemente bisogno di focalizzarsi sulla classe emergente, sul settore privato, sulla formazione di milioni di giovani che votano per la prima volta. Nessuno sa a chi daranno fiducia per transitare il Paese in una nuova era.
Loretta Dalpozzo