Il recente attacco con droni sferrato contro un sito iraniano a Isfahan, e riconducibile con ogni probabilità a Israele, ha riportato in evidenza un confronto sempre meno sotterraneo fra lo Stato ebraico e la Repubblica islamica. Da una parte c'è il regime di Teheran, che resta determinato a sviluppare il proprio programma nucleare. Dall'altra Israele, che ravvisa nella possibile produzione di armi atomiche da parte dell'Iran, nemico dichiarato, evidenti rischi per la propria sicurezza. Nel mezzo azioni con cui, ormai da diversi anni a questa parte, sono prese di mira risorse e obiettivi sensibili del regime.
Gianandrea Gaiani, analista strategico, dirige la testata Analisi Difesa
L'attacco a Isfahan si colloca però in un contesto finora inedito: segnato dalla protesta di massa in Iran e sullo sfondo della guerra in Ucraina. "Probabilmente è stata un'azione dimostrativa, che voleva lanciare un segnale importante", commenta Gianandrea Gaiani, esperto di strategie militari e direttore della testata specializzata Analisi Difesa. E anche se non è tuttora chiaro quali obiettivi siano stati colpiti, va rilevato che a Isfahan si trovano sia un comando dei Pasdaran, le potenti Guardie della rivoluzione islamica, sia "stabilimenti industriali che producono droni e munizioni circuitanti (i cosiddetti droni "kamikaze" ndr)", nonché "missili o componenti di missili balistici".
Droni e infiltrazioni
Un chiaro obiettivo militare, insomma. Parlando di un attacco con droni, non si deve poi pensare a qualcosa di particolarmente sofisticato. Quelli utilizzati erano infatti "quadricotteri leggeri che, smontati, si possono trasportare dentro uno zainetto o una valigia" e che, per le loro piccole dimensioni assicurano "una segnatura radar inconsistente". Vista la limitata capacità di carico di esplosivi, non sono in grado di infliggere danni considerevoli. Sono però, e anche nella guerra in Ucraina, "largamente impiegati nelle operazioni tattiche di sorveglianza ma anche di attacco", precisa l'esperto.
L'esplosione causata dall'attacco
Ma da dove possono essere decollati? E chi, materialmente, può aver lanciato l'attacco? La limitata autonomia di questi droni indica che "chi li ha impiegati li ha fatti decollare a qualche chilometro di distanza" dagli obiettivi. In Iran inoltre, osserva Gaiani, "ci sono diversi gruppi di opposizione al regime" che potrebbero "aver ricevuto da potenze straniere questi droni", il cui utilizzo non è poi complicato. Del resto non mancano, specie dopo lo scoppio dell'aperta protesta contro la dirigenza di Teheran, movimenti dissidenti "che hanno qualche conto in sospeso con i Pasdaran".
Fra sabotaggi e azioni più dirette
Più in generale "non è la prima volta" che centri strategici in Iran subiscono dei sabotaggi. Ed è quindi "molto facile", ritiene questo specialista, "che ci siano connessioni sempre più strette fra le potenze ostili all'Iran", come Israele e gli Stati Uniti, "e alcuni dei gruppi o dei movimenti dissidenti" all'interno del Paese. Ad ogni modo Israele non è nuovo a iniziative con finalità destabilizzanti contro l'Iran. La più significativa, ricorda Gaiani, fu il cyberattacco con il virus Stuxnet lanciato nel 2010 proprio per inquinare "i sistemi informatici che gestivano il programma nucleare iraniano". Fu poi segnalata, nel 2013, una misteriosa deflagrazione negli impianti per l'arricchimento nucleare nella località di Fordo, a sud di Teheran: e i danni furono tali da ritardare "almeno di qualche mese la produzione di combustibile". Va quindi citata tutta una serie di ulteriori attacchi, negli ultimi 6-7 anni, con "esplosioni che hanno colpito diversi dei centri" impegnati nel programma del regime.
Vari attacchi hanno preso di mira negli scorsi anni strutture legate al programma nucleare della Repubblica islamica
Ma il confronto più diretto fra Israele e Iran, non va dimenticato, si consuma nel quadro del conflitto siriano. Qui le forze dello Stato ebraico hanno infatti colpito duramente "gli interessi e la presenza iraniana in Siria", intervenendo contro "le "milizie iraniane o filoiraniane" che fiancheggiano il regime di Bashar al-Assad, come pure contro "basi siriane dove arrivavano armi per gli Hezbollah libanesi". E l'ultimo attacco, segnala l'esperto, è proprio di alcuni giorni fa, contestualmente a quello sferrato con i droni a Isfahan. C'è quindi "un fronte totalmente bellico" sul quale gli israeliani intervengono, pur "senza mai rivendicare queste azioni"
Lo spettro del programma nucleare
Proprio all'indomani dell'attacco a Isfahan Antony Blinken, il segretario di Stato USA, è giunto in Israele ribadendo, in sintonia con lo Stato ebraico, che l'Iran non potrà mai dotarsi di armi atomiche. Ma i livelli conseguiti in campo nucleare da Teheran possono ora legittimare maggiori timori? "Io credo che l'Iran, come molti Paesi che sono comunque tecnologicamente abbastanza avanzati, sia tecnicamente in grado di produrre un'arma atomica", reputa Gaiani, facendo quindi un raffronto con il caso della Corea del nord: un Paese che già da anni dispone di queste armi, nonostante capacità tecnologiche e industriali certamente più arretrate rispetto all'Iran. Ma la scelta di produrne, rammenta l'esperto, è di fatto "essenzialmente politica". E l'Iran, "che ha sempre negato di volersi dotare di armi nucleari", aveva anche siglato nel 2015 l'accordo internazionale che consentiva uno sviluppo del suo programma civile.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu quando denunciò con un cartello all'Assemblea generale dell'ONU, nel settembre del 2012, i rischi legati all'arricchimento nucleare da parte dell'Iran
L'intesa venne però tre anni dopo denunciata dagli Stati Uniti, su impulso di Israele. Va quindi inquadrato, rileva Gaiani, un dato paradossale: i Paesi, in particolare Stati Uniti e Israele, "che rinfacciano all'Iran di volersi dotare della bomba, sono poi tutte potenze nucleari". C'è quindi "questo aspetto, per cui le potenze nucleari non vogliono che alla loro lista se ne aggiungano altre". I timori di Israele sono evidentemente legati al fatto che, in caso di guerra con l'Iran, le dimensioni molto piccole del suo territorio "lo renderebbero annientabile con una sola bomba atomica". Ma lo scenario di un Iran con armi nucleari, sottolinea l'esperto, è temuto anche per la possibilità che inneschi una "corsa all'atomica" nella regione; coinvolgendo in tal modo Paesi rivali della Repubblica islamica come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Fra Iran e Ucraina
Tornando a quanto avvenuto al sito di Isfahan, è stato ipotizzato che l'attacco al sito sottendesse anche un intreccio con l'attuale situazione in Ucraina. Specie pensando ai droni che l'Iran fornisce alla Russia. Quanto è verosimile questo scenario? "Io credo che ci sia una connessione", risponde l'esperto, rilevando che "c'è un'iniziativa molto pesante del Dipartimento di Stato americano nei confronti dell'Iran e della Corea del nord", accusati di fornire armi a Mosca. Sul piano militare "non è mai stato trovato sul fronte un solo proiettile d'artiglieria nordcoreano usato dai russi". Ma sull'Iran, precisa Gaiani, ci sono da fare valutazioni diverse. E in relazione al fatto che Mosca accusa difficoltà e ritardi in uno specifico settore dei droni: quello delle munizioni circuitali, cui abbiamo prima accennato, "che vanno a schiantarsi sul bersaglio".
Un drone ripreso nei cieli di Kiev lo scorso ottobre e identificato come uno Shahed-136 di fabbricazione iraniana
La Russia ne produce. Ma questi droni, benché di elevata qualità, sono ancora a corto raggio. I russi "sono invece indietro per lo sviluppo di quelli con un raggio d'azione di centinaia di chilometri". Hanno così acquisito dagli iraniani i droni Shahed 136, "che probabilmente vengono prodotti su licenza in Russia con il nome di Geran-2": droni kamikaze per incursioni a lungo raggio, "che in questo momento la Russia impiega nella guerra contro l'Ucraina".
Sullo sfondo di una rivolta
L'incursione a Ishahan si è innestata in un contesto tuttora segnato dalla protesta popolare contro la dirigenza di Teheran. Ma c'è in qualche modo un tentativo, con questi attacchi, di sondare una maggiore vulnerabilità del regime nelle attuali circostanze? "Credo che ci sia un attacco che aumenta d'intensità nei confronti delle Guardie della rivoluzione, che sono considerati il pilastro del regime iraniano", afferma Gaiani.
I Pasdaran, le potenti Guardie della rivoluzione islamica, sono ormai il principale pilastro su cui si regge il regime di Teheran
I Pasdaran vengono quindi presi di mira e "lo si fa soprattutto oggi, quando c'è un motivo in più per farlo, nel momento in cui le contestazioni contro il regime sono diventate più incisive". Nel solco insomma di una situazione "in cui le potenze occidentali confermano di avere le Guardie della rivoluzione nel mirino, in un contesto in cui una parte della società iraniana cerca di cambiare regime", conclude l'esperto.
Alex Ricordi