Jimmy Carter è stato un presidente complesso, caratterizzato da luci e ombre, ma la sua straordinaria attività dopo la presidenza ha ridefinito il ruolo di un ex capo di Stato, trasformandolo in un modello di impegno etico e sociale. Con la sua scomparsa, avvenuta ieri all’età di 100 anni, si chiude il capitolo di una personalità che ha lasciato un segno indelebile nella storia americana e mondiale. Il presidente Joe Biden, tra i primi a ricordarlo, ha dichiarato: “La vita di Jimmy Carter va misurata in fatti e non in parole. In tutto il mondo ha lavorato per la pace, per promuovere i diritti civili e umani”.
Ma chi era davvero Jimmy Carter e quale eredità lascia? Inizialmente visto come un presidente “debole” a causa di una pesante sconfitta elettorale contro Ronald Reagan, negli anni è stato rivalutato dagli storici: “Va detto che gli studiosi hanno riletto la sua presidenza, evidenziandone i chiaroscuri e gli importanti successi diplomatici. Gli Accordi di Camp David tra Israele ed Egitto, per esempio, rappresentano una svolta storica”, afferma Mario Del Pero, esperto di Stati Uniti e professore a Sciences-po a Parigi.
Oltre ai successi diplomatici, Del Pero, intervistato dal nostro Radiogiornale, ricorda l’attenzione di Carter verso l’ambiente e i diritti umani: “Fu il primo presidente a investire seriamente nelle energie rinnovabili e a legare gli aiuti economici e militari al rispetto dei diritti umani da parte dei regimi autoritari, anche se erano alleati degli Stati Uniti.”
L’ombra della crisi degli ostaggi e la sconfitta contro Reagan
Tra gli episodi più tragici che hanno segnato la presidenza Carter c’è la crisi degli ostaggi a Teheran, nel 1979, con il fallito blitz per liberarli. Un evento che pesò sulla sua immagine pubblica: “Questo episodio alimentò un senso di impotenza e umiliazione nazionale, sfruttato da Reagan e dagli oppositori di Carter per denunciarne la debolezza, l’incoerenza.”
Il messaggio politico di Carter era in netto contrasto con quello di Reagan: “Carter invitava gli americani ad accettare i limiti, a consumare meno e a riconoscere le sfide ambientali e globali. Reagan, invece, offrì un messaggio di possibilità, ottimismo e abbondanza, che risultò più attraente per l’America dei primi anni ’80.”
L’impegno politico e umanitario dopo la presidenza
Nonostante l’addio alla Casa Bianca, Carter rimase una figura pubblica attiva, criticando apertamente alcune politiche estere degli Stati Uniti, criticando duramente Israele e quella che lui considera essere la politica di apartheid nei Territori occupati. L’impegno in ambito internazionale gli è valso nel 2002 il Premio Nobel per la Pace. Inoltre, il suo impegno umanitario si estese all’Africa, dove collaborò con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per combattere malattie endemiche.
Infine “torna a vivere in Georgia, insegna al catechismo domenicale e si dedica alla sua fondazione, promuovendo cause come la lotta alla povertà, il diritto alla casa e la sanità globale. La sua parabola è segnata da rettitudine e fermezza. Carter rimane una figura pubblica e politica, ma libera dai vincoli di Washington, diventando l’uomo di Plains, in Georgia, come racconta nella sua autobiografia”, continua Del Pero, sottolineando l’unicità di Jimmy Carter che si manifesto dopo la sua presidenza.
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