Analisi

Kharkiv: Mosca fa sul serio o si tratta di un test?

Non è ancora chiaro se la Russia voglia davvero sfondare o se cerchi di capire il reale stato delle difese ucraine – Kiev ha più che mai bisogno di sostegno militare

  • 14 maggio, 15:52
  • 14 maggio, 15:52
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Un soldato ucraino nella zona di Kharkiv

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli

L‘offensiva russa di primavera è cominciata in sordina e più che altro si è trattato della continuazione della campagna invernale che nel Donbass a febbraio aveva costretto le truppe ucraine ad abbandonare Avdiivka. Ora la spinta delle forze del Cremlino si concentra più a nord, verso Kharkiv, seconda città del Paese che già all’inizio del conflitto era stata oggetto delle mire russe, poi respinte. Ma è lungo tutta la linea del fronte che l’esercito ucraino è in difficoltà, anche se la linea di contatto meridionale, quella tra le regioni di Zaporizhia e Kherson, è al momento più stabile. Non è inoltre ancora chiaro se la tattica russa di fare pressione a nord abbia davvero lo scopo di sfondare, oppure sia una classica maskirovka, una sorta di trappola per prima testare le difese ucraine e in un successivo momento tentare di sferrare qui l’attacco principale, o addirittura cercare invece in seguito la penetrazione altrove, nel segmento meridionale. Quello che è certo è che un po’ ovunque l’Ucraina è in una situazione di difesa, che non appare sempre ordinata.

I problemi di Kiev

In questo contesto la visita del segretario statunitense Antony Blinken a Kiev serve a dare appoggio morale e rassicurazioni sulla tenuta politica dell’alleanza occidentale verso l’Ucraina, che però ha urgente necessità di sostegno concreto militare e non di parole. Da Washington è stato sottolineato che il pacchetto di supporto militare e finanziario di 61 miliardi di dollari sbloccato qualche settimana fa servirà soprattutto a permettere la difesa nel 2024 e rilanciare l’iniziativa ucraina nel 2025. Gli armamenti in arrivo faranno la differenza, ha detto Blinken, anche le formule adottate nei proclami rimangono vaghe e per fino ad ora si sono scontrate con la realtà. Di fronte all’avanzata russa, che dopo Avdiivka ha subito un’accelerazione in varie direzioni, la domanda posta è quella proprio sulla tenuta del fronte e i problemi evidenziati al di là della retorica sono diversi.

In primo luogo la tempistica degli aiuti militari occidentali non pare essere coordinata con le necessità delle forze ucraine, che lentamente stanno cedendo terreno; in secondo luogo la stessa difesa coordinata dal generale Olexander Syrsky, che a febbraio a sostituito il capo delle forze armate Valery Zaluzhny, si sta dimostrando insufficiente a contenere le operazioni russe, per motivi sia tecnici che tattici; in terzo luogo c’è appunto la sottovalutazione politica e militare dell’avversario, che ormai dallo scorsa estate, dalla fallita controffensiva ucraina, ha ripreso in maniera costante l’iniziativa sul campo.

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La reazione di Mosca

Il Cremlino da parte sua, dopo il fallito Blitzkrieg tra il febbraio e il marzo 2022 e il ritiro dalla zona di Kharkiv e Kherson nell’autunno dello stesso anno, ha corretto la gestione di quella che chiama ancora operazione militare speciale e negli ultimi dodici mesi ha messo da parte le difficoltà interne tra vertici militari e la compagnia Wagner dopo l’eliminazione di Evgeny Prigozhin e si sta preparando alla nuova fase del conflitto. La sostituzione da parte di Vladimir Putin del ministro della Difesa Sergei Shoigu con il tecnocrate Andrei Belousov è arrivata in un momento favorevole alla Russia, evidenziando maggior pragmatismo e accortezza rispetto a quanto aveva fatto in precedenza in maniera analoga Volodymr Zelensky: il presidente ucraino aveva sostituito il ministro della Difesa Olexey Reznikov con Rustem Umerov nel bel mezzo del fallito contrattacco del 2023 e poi appunto Zaluzhny con Syrsky alla viglia della sconfitta di Avdiivka. Non è un caso, tolta la tara della propaganda, che il sostegno a Putin da parte dell’elettorato russo sia molto alto, mentre quello a Zelensky in casa propria stia scemando.

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La conferenza sulla pace

La forza di Mosca e la debolezza di Kiev, interne e nel conflitto, si rispecchiano nelle posizioni sulla scacchiera internazionale, anche in vista dell’appuntamento di metà giugno con la conferenza sulla pace in Svizzera. Nonostante l’assenza russa, sarà difficile per Zelensky promuovere una road map che non tenga in considerazione la situazione attuale e preveda veri colloqui di pacificazione tra Kiev e Mosca solo dopo il ritiro delle truppe russe dal Donbass e dalla Crimea come messo nero su bianco nel piano in dieci punti annunciato nel 2022 e che costituirà la base di partenza per la discussione sul Bürgenstock. È molto probabile che nelle prossime settimane l’avanzata russa continui a ritmo sostenuto e contribuisca a puntellare lo status di Putin in vista di eventuali negoziati, fermo restando che nella cornice della lunga guerra di logoramento anche gli scenari al momento irrealistici non possono essere comunque esclusi. 

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