Il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba è giunto martedì a Pechino per una visita che è significativa non soltanto per la sua durata, tre giorni, ma anche perché Kiev da tempo cercava il dialogo con la controparte cinese, vicina alla Russia, finora senza riscontri. L’invito stavolta è arrivato invece direttamente da Wang Yi, l’omologo di Kuleba.
“Davanti a noi ci sono negoziati estesi, dettagliati e sostanziali con il mio collega cinese Wang Yi riguardo alle modalità per una pace giusta. Dobbiamo evitare la competizione tra i piani di pace. È molto importante che Kiev e Pechino conducano un dialogo diretto e scambino posizioni”, ha dichiarato Kuleba in un video su Instagram all’inizio della sua visita, che è la prima di un capo della diplomazia ucraina in Cina dal 2012 e la prima di un alto rappresentante di Kiev da quando è scoppiato il conflitto con la Russia.
Secondo entrambi i Paesi, lo scopo del viaggio è quello di discutere le vie per mettere fine alla guerra iniziata nel febbraio del 2022. Cosa è cambiato rispetto al passato? Innanzitutto la disponibilità ucraina a dialogare anche con la controparte russa in una prossima conferenza da tenersi in novembre, dopo quella del Bürgenstock in Svizzera i cui risultati sono stati penalizzati dalle assenze di Mosca (non invitata) e di Pechino, secondo la quale non vi erano le condizioni per partecipare.
E il passo di Zelensky si potrebbe spiegare anche con l’eventualità che alla Casa Bianca a novembre venga eletto Donald Trump, che ha promesso di mettere fine rapidamente alla guerra. L’aiuto statunitense, essenziale per l’Ucraina, sarebbe quindi a rischio dal 2025.
Presa di mira dalla NATO, con accuse di sostenere indirettamente lo sforzo bellico russo, la Cina ha dal canto suo sempre rimproverato all’Alleanza atlantica di gettare benzina sul fuoco rifornendo di armi l’Ucraina e cerca invece di porsi come mediatore. Il suo obiettivo iniziale, ha ripetuto una portavoce in occasione di un regolare incontro con la stampa, è quello di raggiungere un cessate il fuoco che apra la strada a un dialogo politico. L’invito a Kuleba potrebbe inoltre essere una contromossa per scongiurare altre sanzioni occidentali.
Il 23 maggio la Cina aveva diffuso insieme al Brasile, pure membro dei cosiddetto BRICS, un suo piano di pace in sei punti alternativo a quello ucraino appoggiato dall’Occidente. Nelle ultime settimane aveva ricevuto anche il premier ungherese Viktor Orban, che nel quadro della sua “missione di pace” senza mandato dell’UE ha visitato anche Mosca, Kiev e Washington per il vertice NATO, prima di vedere in Florida anche il già citato Donald Trump. Pechino è disposta a prendere parte a un futuro summit, ma pone come condizione che tutte le parti coinvolte siano presenti e tutte le possibili proposte di pace siano sul tavolo.
RG 12.30 del 23.07.2024 L’analisi del collaboratore da Kiev Davide Maria De Luca
RSI Info 23.07.2024, 12:48
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Se le condizioni sono propizie per l’avvio di un dialogo, dal viaggio di Kuleba non dovrebbero tuttavia emergere grandi risultati. Secondo Vitaly Portnikov, opinionista ucraino citato nell’analisi di Davide Maria De Luca al Radiogiornale della RSI, non bisogna anzi aspettarsi niente di concreto: le posizioni sono troppo lontane e inconciliabili. Kiev si aspetta in particolare che Pechino interrompa le esportazioni verso la Russia di componenti che possono servire anche per scopi militari e che spinga il Cremlino verso un ritiro dai territori che ha occupato, un’ipotesi oggi molto lontana.