L’Ecuador sta vivendo uno dei momenti più drammatici della sua storia. Negli ultimi anni il paese sudamericano è diventato lo snodo principale della cocaina proveniente dalla Colombia e dal Perù, i massimi produttori mondiali, con un’esplosione di gruppi criminali che operano in collaborazione con le grandi organizzazioni internazionali del narcotraffico. Dai cartelli messicani alla mafia albanese, i narcos controllano le rotte dell’Oceano Pacifico e quelle che si spingono attraverso la Foresta amazzonica fino in Brasile. Buona parte di questa cocaina finisce sui mercati europei, Svizzera compresa, trasportata dalle navi che portano alimenti e altra mercanzia fino ai grandi porti di Anversa, Gioia Tauro, Marsiglia. La crescita esponenziale del business della droga ha permesso la proliferazione delle bande di delinquenti e un clima di violenza a insicurezza generalizzato, con un tasso di 45 morti ammazzati ogni 100’000 abitanti, fra i più alti al mondo.
Nella campagna elettorale dell’anno scorso è stato ucciso anche un candidato presidenziale, Fernando Villavicencio, che si occupava proprio del mondo del crimine organizzato e delle sue infiltrazioni nello Stato. Il Governo del neopresidente Daniel Noboa ha deciso di correre ai ripari, dichiarando lo stato di “conflitto interno”, che permette l’uso delle Forze armate per il controllo del territorio e la lotta a 25 organizzazioni criminali definite ora come gruppi terroristici. Un’offensiva analoga è partita anche dalla magistratura, con l’inchiesta “Metastasi” condotta dalla procuratrice generale Diana Salazar, diretta a svelare la trama di corruzione che coinvolge giudici, politici e forze dell’ordine. Domenica 21 aprile la popolazione deve rispondere in un referendum se approva il dispiegamento indeterminato dei militari nelle strade e nei penitenziari, autorizzando anche l’aumento dell’IVA su diversi prodotti per finanziare la guerra al narcotraffico.
Narcotraffico e violenza in Ecuador
Telegiornale 18.04.2024, 20:00