La Commissione europea - facendo riferimento al Digital services act (Dsa) - ha avviato un’istruttoria contro TikTok Lite, lo spin-off della piattaforma social cinese che, nel giudizio UE, è tutto tranne che leggero. Il suo controverso programma a premi - disegnato per tenere incollati gli adolescenti allo schermo ricompensandoli tramite buoni da spendere online - potrebbe essere “tossico” e, ha tuonato il commissario Thierry Breton, indurre “dipendenza”.
Accuse bollate come infondate dalla società, che si è affrettata a sottolineare come il sistema sia vietato “ai minori di 18 anni”. Ma, davanti ai rischi considerati incombenti, lo stop del programma all’interno dei confini continentali è più che una possibilità già a partire dal 25 aprile.
Da mesi sul banco degli imputati a Bruxelles per deepfake, disinformazione e lacune legate alla tutela dei suoi utenti più giovani e vulnerabili, TikTok è finita sotto indagine. Le autorità UE temono che il programma a premi sia ad alta dipendenza e sia stato diffuso a marzo in Francia e in Spagna “senza una previa valutazione diligente dei rischi che comporta” e “senza adottare misure efficaci” di mitigazione, come invece richiesto dalle norme comunitarie.
La squadra tech di Breton aveva emesso un primo avvertimento il 17 aprile, chiedendo alla piattaforma di proprietà del colosso ByteDance di fornire “maggiori dettagli” entro 24 ore. La replica però non è mai arrivata. Un silenzio davanti al quale Palazzo Berlaymont ha deciso di agire: TikTok è chiamata a presentare il suo report entro il 23 aprile, le argomentazioni in sua difesa entro il 24, e informazioni aggiuntive entro il 3 maggio per evitare di incappare in pesanti sanzioni, fino all’1% del fatturato annuo globale e al 5% del fatturato giornaliero.
Anche se già il 25 aprile potrebbe arrivare lo stop temporaneo al programma a premi sul suolo europeo per almeno 60 giorni. Una misura precauzionale che, ha fatto trapelare un funzionario vicino a Breton, darebbe a Bruxelles “il tempo di valutare la sicurezza del programma senza che i cittadini europei siano cavie”.
Il primo a dichiarare guerra ai social e ai suoi pericoli per la salute mentale dei ragazzi era stato a gennaio il sindaco di New York, Eric Adams. Nel ricorso contro le major dei social, i numeri impietosi sullo stato di salute dei giovani americani rilevavano un aumento del 57% dei suicidi, del 117% delle patologie legate all’ansia, del 40% di tristezza e sconforto.
Le statistiche ufficiali UE ancora mancano ma “lo streaming incessante di video brevi e veloci, che può sembrare divertente, espone i nostri figli al rischio di dipendenza, ansia, depressione, disturbi alimentari, capacità di attenzione ridotta. Non risparmieremo alcuno sforzo per proteggerli”, ha tuonato Breton, facendo eco alla “preoccupazione” espressa da Parigi. Sull’app, ha replicato la società dicendosi “delusa della decisione” europea, “c’è un limite giornaliero alle attività di visione dei video”. E le discussioni, è stata l’assicurazione, “continueranno”.
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