Un attacco di Hamas che ha colto di sorpresa Israele: sono almeno 3’000 i razzi che all’alba di sabato sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza, facendo inevitabilmente scattare il cosiddetto Iron Dome, lo scudo missilistico volto a difendere il territorio israeliano. Un sistema che in oltre un decennio (è pienamente operativo dal 2011) è stato in grado di abbattere migliaia di razzi provenienti dalla Striscia di Gaza, come pure quelli lanciati da militanti di Hezbollah in Libano.
Secondo l’esercito israeliano, l’Iron Dome ha un tasso di intercettazione che si aggira attorno al 90%. Stavolta l’attacco sembra però aver sopraffatto lo scudo missilistico. A differenza di azioni offensive precedenti, Hamas è stato in grado di lanciare centinaia di razzi in rapida successione, verosimilmente più di quanti il sistema di difesa fosse in grado di gestire, come scrive il New York Times, citando degli ex ufficiali statunitensi. E si parla anche dell’impiego di un nuovo tipo di munizione da parte di Hamas: il sistema missilistico Rajum, che sarebbe più difficile da intercettare, secondo Janes, società di intelligence open-source.
Com’è nato l’Iron Dome?
Lo scudo missilistico Iron Dome (che in italiano significa “Cupola di ferro”) è stato sviluppato a partire dal 2007, con l’obiettivo di creare un sistema in grado di intercettare razzi e mortai a corto raggio lanciati verso il territorio israeliano dalla Striscia di Gaza e da militanti di Hezbollah in Libano. Le prime batterie sono state messe ufficialmente in servizio nel 2011. E nell’aprile dello stesso anno è avvenuta la prima intercettazione, con l’abbattimento di un razzo che da Gaza era stato lanciato verso la città israeliana di Ascalona.
Una batteria del sistema Iron Dome
Come funziona?
Una batteria (sono dieci quelle operative sul territorio israeliano) è composta da un radar, un sistema di controllo e tre-quattro piattaforme di lancio, ciascuna dotata di venti missili Tamir. Il radar rileva la presenza di un razzo a una distanza compresa tra quattro e settanta chilometri, prevedendone la traiettoria e il punto d’impatto.
Questi dati vengono elaborati dal sistema di controllo, che lancia un missile Tamir soltanto nel caso che il proiettile rappresenti una minaccia per aree popolate (non vengono distrutti quelli che, secondo le previsioni, finiranno nel deserto o in mare). L’intercettazione avviene ad alta quota, producendo un’esplosione che viene sentita anche al suolo.
Ogni piattaforma di lancio è caricata con venti missili intercettatori
Il sistema, lo spiega la Difesa israeliana, è operativo ventiquattro ore su ventiquattro ed è in grado di funzionare efficacemente con qualsiasi condizione meteorologica. Una singola batteria fornisce la copertura difensiva per una superficie di circa 150 chilometri quadrati.
Quanto costa?
La produzione di una singola batteria costa, secondo quanto riferisce il Centro per studi strategici e internazionali (CSIS), circa 100 milioni di dollari americani. Mentre un singolo missile intercettatore si stima che abbia un prezzo compreso tra i 40’000 e i 50’000 dollari.
Un missile Tamir lanciato dall'Iron Dome
Qual è il ruolo degli Stati Uniti?
L’Iron Dome è stato sviluppato in Israele. Quando nel 2011 è diventato operativo, gli Stati Uniti hanno poi iniziato a contribuire all’ulteriore sviluppo del sistema e nel 2014 i due Paesi hanno firmato un accordo di coproduzione, che consente anche un maggiore accesso alla tecnologia da parte degli americani.
Nel corso del weekend Israele ha tra l’altro fatto sapere agli Stati Uniti di avere urgentemente bisogno di munizioni a guida di precisione e di più intercettori per il sistema di difesa Iron Dome, secondo quanto riferito dal quotidiano statunitense Politico.
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