La Corte penale internazionale (CPI) va all’attacco dell’Italia, dopo aver visto sfumare la consegna di un uomo che voleva arrestare per crimini di guerra e contro l’umanità. Si tratta del comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osama Almasri Habish, scarcerato e poi rimpatriato. Sul piede di guerra anche tutte le opposizioni che accusano il governo di aver liberato “un torturatore” mandandolo a casa con un volo di Stato.
I giudici dell’Aja che avrebbero voluto processare Almasri, nei loro appunti mossi all’Italia hanno ricordato il dovere di tutti gli Stati parte di cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e nei procedimenti penali per crimini. Dunque, ora vuole vederci chiaro. Ciò che si sa al momento è che domenica 19 gennaio Almasri viene arrestato dalla Digos a Torino, dopo la partita della Juventus. Ma l’arresto martedì non viene convalidato dalla Corte di Appello di Roma che invece libera l’uomo. E questo perché di norma l’arresto deve essere sollecitato dal ministro della Giustizia.
I giudici, tuttavia, hanno sollecitato più volte il ministro Carlo Nordio a voler correggere l’errore, ma nulla si è mosso. Sollecitato dai media, il ministro diceva che il caso era in valutazione, ma allo stesso tempo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva già firmato il decreto di rimpatrio per il generale che martedì sera, infatti, è atterrato a Tripoli. Ufficialmente, dunque, si è trattato di un errore procedurale. Tuttavia, opposizioni e ONG accusano l’Italia di aver fatto una scelta politica per non incrinare i rapporti con la Libia su energia e soprattutto migrazione. Ora si attendono le risposte, a partire da quella del ministro, atteso giovedì in Senato per l’ora delle domande.
L'ufficiale libico e i rapporti tra Tripoli e Roma
Telegiornale 22.01.2025, 12:30