L’analisi

La Cina verso un nuovo modello di sviluppo

Nuove forze produttive, autosufficienza tecnologica e sicurezza nazionale al centro della sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo appena conclusa

  • 11 marzo, 15:27
  • 11 marzo, 16:50
01:52

RG delle 07.00 del 05.03.2024 - Il commento di Elisa Tirabassi

RSI Info 05.03.2024, 08:18

  • Keystone
Di: Lorenzo Lamperti 

Sicurezza, modernizzazione, nuove forze produttive, autosufficienza tecnologica. Sono queste le parole chiave principali che emergono dalle lianghui, le annuali “due sessioni” cinesi durante le quali si approvano leggi e si fissano gli obiettivi politico-economici. Le riunioni della Conferenza consultiva del popolo (che riunisce personalità del mondo politico, imprenditoriale, accademico, culturale e sportivo) e dell’Assemblea nazionale del popolo (quanto la Cina ha di più simile a un parlamento) hanno segnato la demarcazione più chiara di alcune linee, come quella della visione economica del presidente Xi Jinping, e ne ha invece ulteriormente cancellate altre, come quella della separazione mai così labile dei poteri tra governo e Partito comunista.

I lavori delle “due sessioni” erano stati anticipati dalla pubblicazione di un articolo a firma di Xi. “Non è detto che con un tasso di crescita economica più elevato la situazione sia molto buona, né che una diminuzione del tasso di crescita la situazione sia molto cattiva”, si legge sull’ultimo numero di Qiushi, la rivista teorica del Partito. Non solo e non tanto un tentativo di giustificare il ritmo di crescita rallentato dell’era post pandemica, quanto il manifesto di un rinnovato modello di sviluppo che pone al centro le “nuove forze produttive”. Introdotto per la prima volta lo scorso settembre durante un’ispezione nel nord est della Cina, si tratta del concetto cardine del terzo capitolo della “nuova era” di Xi.

Si tratta di quei settori in grado di garantire innovazione, modernizzazione e produzione di alta qualità. E per questo profondamente e intimamente intrecciati con l’obiettivo strategico dell’autosufficienza tecnologica. Le “nuove forze produttive” sono il motore di un processo di trasformazione che Pechino ha avviato da tempo, quello da “fabbrica del mondo” a “società di consumi ad alto valore”. Non si tratta di un mero restyling, ma di una rivoluzione politico-sociale che mira a costruire un modello di sviluppo meno rischioso e roboante, ma più stabile e sicuro. Xi vuole una Cina meno esposta al debito e alle turbolenze globali, più schermata di fronte a eventuali restrizioni e sanzioni. Dunque, una Cina la cui sorte non dipende più dalle esportazioni o dagli investimenti a perdere, ma semmai da un’industria interna in grado di produrre valore e da un mercato interno in grado di assorbirlo.

Processo lungo, faticoso e doloroso. A questo si riferisce l’articolo di Xi su Qiushi. Per questo non sorprende l’assenza di un grande piano di rilancio dell’economia, che secondo il rapporto di lavoro del premier Li Qiang nel 2024 dovrà crescere di “circa il 5%”. Il Partito è pronto a perdere qualche decimale pur di proseguire la trasformazione che reputa necessaria. Qualcuno si può perdere sulla strada, certo. È il caso dei grandi giganti immobiliari, il cui modello di costruzione a debito è finito nel mirino di Xi già dal 2017. Ai tanti delegati che chiedevano interventi decisi a sostegno del settore, il governo ha risposto che per evitare “rischi sistemici” è anche disposto a non salvare le aziende gravemente insolventi. E il pensiero va subito alla caduta più o meno controllata di Evergrande, con le autorità che hanno lasciato l’azienda finire in liquidazione cercando però di salvaguardare il completamento della costruzione delle case già vendute per evitare disordini sociali.

Chi invece rientra bene nel nuovo modello di sviluppo sono i colossi tecnologici e digitali, non a caso protagonisti della vasta campagna di rettificazione degli ultimi anni che ne ha rimodellato l’azione, incanalandola sui sentieri più strategici: microchip, intelligenza artificiale, informatica quantistica. Nel 2024 il governo centrale aumenterà la spesa per ricerca e sviluppo del 10% , ma Xi ha chiesto a tutti i governi locali di aprire il portafoglio. L’obiettivo è quello di sostituire progressivamente la tecnologia degli Stati Uniti con la tecnologia autoctona. Il lancio dello smartphone Huawei con il chip autoctono più avanzato di sempre, avvenuto qualche mese fa, deve essere solo il primo passo. Non significa autarchia assoluta, ma capacità di fare fronte alla possibile esclusione dalle catene di approvvigionamento più avanzate. Non solo.

Nuove forze produttive significa anche nuove modalità di combattimento. Sì, perché tra i settori che più sono chiamati a modernizzarsi c’è senz’altro quello militare. Xi ha insistito molto sull’argomento, in vista del centenario dell’Esercito popolare di liberazione del 2027. Non a caso il budget militare continua a crescere: +7,2% nel 2024, dato in linea con quello del 2023. Nell’ultimo decennio, le spese militari sono pressoché raddoppiate arrivando per il 2024 a 232 miliardi di dollari. Si tratta di un dato 4,1 volte più grande del vicino Giappone e circa un terzo di quello degli Stati Uniti (842 miliardi di dollari). Anche se vanno considerati alcuni elementi fondamentali. Primo: la profonda commistione tra industria militare e industria civile, in Cina più forte che altrove. Secondo: la capacità produttiva di nuovi aerei e navi è più alta di quella statunitense. A differenza di Washington, infatti, Pechino non ha alleati formali da rifornire, né basi militari all’estero (a parte quella di Gibuti, anche se c’è chi ritiene che ci siano altre postazioni non ufficiali altrove) da sostenere.

Le “due sessioni” appena concluse hanno anche segnato un’ulteriore rimozione dei confini tra Partito e Stato. La riforma dell’apparato governativo prosegue incessante. Dopo che nel 2023 era stata aggiornata la macchina ministeriale, con la creazione di nuove agenzie centralizzate per la gestione delle politiche finanziarie e tecnologiche, stavolta è stata approvata una riforma della legge sul Consiglio di Stato che chiede al potere esecutivo di seguire da vicino l’ideologia e la leadership del Partito, inserendo nella sua formazione anche il governatore della banca centrale. Le forze produttive devono essere nuove, ma il timoniere deve essere sempre lo stesso.

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