Problemi irrisolti, nuove opportunità e un paio di scommesse. Il viaggio in Europa di Xi Jinping si chiude con un bilancio che è solo apparentemente deludente. Quantomeno, non lo è per il presidente cinese. E lo si poteva immaginare sin da quando sono state comunicate le tappe della visita, la prima dopo oltre cinque anni.
Francia, Serbia e Ungheria: tre sfumature di “autonomia strategica”, cioè nella prospettiva cinese non completo allineamento alla politica estera di Stati Uniti ed Europa. Il viaggio del presidente cinese sembra aver prodotto soprattutto questo risultato: rimarcare e incoraggiare le differenze interne all’Europa e quelle tra la stessa Europa e gli Usa. “Le relazioni tra Cina e Ungheria sono all’apice della loro storia. E sono un modello per i legami tra Cina ed Europa”, ha detto Xi durante l’ultima tappa di Budapest. Il significato è chiaro: niente dazi, nessuna strategia di “riduzione del rischio”, porte aperte agli investimenti cinesi anche nei settori più strategici. Non può certo sfuggire che due aziende cinesi, il colosso globale BYD e Great Wall, costruiranno proprio in Ungheria due impianti di produzione di auto elettriche. Una risposta preventiva all’Unione Europea, che nelle prossime settimane concluderà la sua indagine sui presunti sussidi di Stato al settore, con la probabile introduzione di dazi alle importazioni di veicoli elettrici cinesi. Al fianco di Xi c’era il premier ungherese Viktor Orban, il leader Ue forse più vicino alla Russia. I due leader hanno firmato 16 accordi commerciali su infrastrutture, ferrovie, energia nucleare, economia digitale e intelligenza artificiale. Ma oltre gli affari, Xi ha utilizzato la visita in Ungheria (la prima di un leader cinese dal 2004) per i suoi obiettivi retorici. “Abbiamo sfidato l’ordine geopolitico” come “Stati sovrani in piena indipendenza”, ha detto Xi in un articolo a sua firma sul quotidiano filogovernativo Magyar Nemzet. Il riferimento è al non allineamento del governo Orban a Bruxelles e Washington, per Pechino ancora più importante da rimarcare visto che l’Ungheria non fa parte solo dell’Ue, ma anche della Nato. Sui media di Pechino non si nasconde l’obiettivo strategico della tappa ungherese. Il 1° luglio Budapest assume la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue e potrò influenzarne la politica nei confronti della Cina, si legge sul tabloid nazionalista Global Times.
Servirebbe però una sorta di giravolta per risolvere o ridurre i problemi in una relazione bilaterale complicata dalla guerra in Ucraina. Anche se stavolta il dossier più divisivo pare essere stato il commercio. Nella prima giornata della sua tappa in Francia, Xi ha partecipato a un trilaterale col capo dello Stato, Emmanuel Macron e con la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Sull’Ucraina non sono arrivate svolte. Come sempre, Xi si è detto a favore di un negoziato di pace che non tenga conto solo dell’integrità territoriale ucraina ma anche delle “legittime preoccupazioni di sicurezza” di Mosca. Ha garantito che non ha fornito e non fornirà assistenza militare al Cremlino. Ma, come prevedibile, non ha fatto ulteriori passi e ha rivendicato il suo legame con Mosca. Ai leader europei è parso per ora bastare il sostegno manifestato alla proposta di tregua olimpica avanzata da Parigi.
Sul fronte commerciale, i toni sono stati più duri. Xi ha negato il problema dell’eccesso di produzione. E quando von der Leyen ha paventato i dazi sulla sua industria tecnologica verde, il presidente cinese ha chiarito che Pechino reagirà. Il pensiero va alle terre rare e alle risorse minerarie, di cui il gigante asiatico domina la produzione e l’estrazione globale. Le ritorsioni cinesi non dovrebbero però colpire il brandy. Xi lo avrebbe promesso a Macron dopo aver accettato in regalo due bottiglie di cognac. Un episodio che chiarisce meglio del resto l’approccio diplomatico cinese al viaggio europeo: approccio duro sui problemi col blocco Ue, volto più morbido su quello bilaterale per provare magari a incoraggiare qualche dubbio nei singoli Paesi sull’opportunità di un inasprimento della postura nei confronti di Pechino.
Questo approccio è stato utilizzato in Francia, dove Xi ha esaltato la voglia di autonomia strategica di Macron e si è concesso agli scambi “personali” sulla neve dei Pirenei, dove i due leader sono andati il giorno seguente al cerimoniale ufficiale di Parigi. Un episodio che ha consentito ai media cinesi di enfatizzare il rapporto tra i due Paesi ma anche tra gli stessi Xi e Macron, “oltre i rituali diplomatici bilaterali” tanto da sfociare nell’etichetta “amici del cuore” proposta dall’agenzia di stampa di Stato Xinhua.
Nella seconda tappa del viaggio, in Serbia, non è servita una gita fuori porta per mettere in secondo piano critiche e problemi irrisolti. A Belgrado, Xi ha ascoltato solo elogi. Il presidente Aleksandar Vucic ha detto di avere “imparato molto” da Xi dopo un lungo bilaterale, seguito da un saluto alla folla radunata a Belgrado. Mossa inusuale per la diplomazia cinese, che ha usato il passaggio in Serbia per criticare la Nato. “Venticinque anni fa, la Nato bombardò l’ambasciata cinese in Jugoslavia, uccidendo tre giornalisti. Non dovremmo mai dimenticarlo. Il popolo cinese ha a cuore la pace, ma non permetteremo mai che una storia così tragica si ripeta”, ha scritto Xi in un articolo pubblicato sul quotidiano filogovernativo serbo Politika. Criticare la Nato da Belgrado non significa solo rafforzare la propria retorica anti americana sul conflitto in Ucraina, ma è funzionale a giustificare la propria postura assertiva in Asia-Pacifico, dove Washington sta rafforzando il sistema di alleanze. Vucic ha esaltato la posizione cinese sull’Ucraina, definendo Xi in grado di “mettere fine a diverse guerre”. Anche in Serbia, Xi ha inoltre concluso diversi affari e a luglio entrerà in vigore un accordo di libero scambio firmato dopo un negoziato lampo di soli cinque mesi.
Sembra allora possibile ritenere che il vero obiettivo della visita in Europa non fosse quella di trovare compromessi o risolvere problemi, ma semmai mostrare a Bruxelles e Washington che la Cina è in ogni caso in grado di coltivare amicizie con dei Paesi occidentali. Enfatizzando le relazioni bilaterali coi singoli Paesi scelti per il suo viaggio, Xi ha fatto una doppia scommessa. La prima: è convinto che in Europa nessuno voglia davvero recidere i legami commerciali con la Cina. La seconda: spera che la sua posizione sull’Ucraina, che molti in occidente definiscono neutralità filorussa, diventi più accettabile mentre aumenta la stanchezza per la guerra.
Una volta ripartito da Budapest, il presidente cinese si prepara peraltro a confermare i legami con la Russia, quando la prossima settimana dovrebbe ricevere a Pechino Vladimir Putin. Sarà la terza volta in poco più di due anni.
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