Dal carcere di Imrali dove si trova da 26 anni, il leader del PKK Abdullah Öcalan ha lanciato un appello alla fine della lotta armata contro il Governo turco che dura da quattro decenni, chiedendo a tutti i curdi di deporre le armi. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan deve sciogliersi, ha affermato Öcalan nel messaggio letto in suo nome, sia in curdo che in turco, da alcuni deputati curdi in un albergo di Istanbul davanti a una folla di giornalisti. Una comunicazione era attesa da settimane. Ma perché questa richiesta proprio ora? Cosa c’è dietro? Il Radiogiornale della RSI lo ha chiesto all’analista politico turco Ahmet Insel.
“Esattamente, non si sa. Formulerei due ipotesi. La prima: il presidente Erdogan vuole potersi candidare per un terzo mandato, ma la Costituzione non glielo consente, a meno che non venga modificata e per questo serve la maggioranza qualificata in Parlamento. Il suo partito, l’AKP e il partito nazionalista MHP, suo alleato, non hanno la maggioranza necessaria dei due terzi dei deputati. Quindi c’è la possibilità che sul tavolo sia stato messo un miglioramento delle condizioni carcerarie, ovvero la fine dell’isolamento per Öcalan, in cambio dello stop alla lotta armata e alla dissoluzione del PKK. E questo per ottenere in cambio in Parlamento l’appoggio del partito curdo DEM”.
Un’ipotesi, questa, avvalorata dalle dichiarazioni fatte proprio venerdì dall’ex premier turco Binali Yildirim, che ha chiesto il cambiamento di Costituzione citato per permettere la ricandidatura di Erdogan e ha fatto riferimento ad altre possibili modifiche della Carta fondamentale che portino le minoranze della Turchia, tra cui i curdi, a non sentirsi discriminati. “La nostra nazione è con i curdi, i turchi e altri gruppi etnici, su questo dovrebbe essere fatto un aggiornamento”, ha detto Yildirim, aggiungendo che esiste una necessità per una decentralizzazione a favore dei governi locali.
Insel formula anche una seconda ipotesi: “La seconda ragione riguarda gli sviluppi in Siria, perché il movimento curdo, le forze democratiche siriane presenti nel nord est del Paese sono ovviamente ben sostenute da militanti e leader del PKK. E la Turchia è molto irritata da questa posizione. Se riuscisse a disarmare i curdi in Siria, per Erdogan sarebbe una grande vittoria. Ma la fine della lotta armata del PKK significa anche la fine della lotta armata dei curdi in Siria? Per il momento non lo sappiamo ed è questa la grande domanda”.
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Gioia curda a Diyarbakir
Giovedì sera i curdi di Turchia e Iraq hanno festeggiato l’annuncio. Non i curdi siriani.
“Il capo delle forze armate curdo siriane ha infatti affermato che è una richiesta fatta dal PKK e noi non siamo il PKK. Ma tutto questo sarà frutto di discussioni, perché se il partito si scioglierà, ciò avrà inevitabilmente conseguenze sui curdi di Siria, i meno numerosi tra i 40 milioni di curdi sparsi tra Turchia, Iraq, Iran e, appunto, Siria. E realizzare uno Stato curdo in Siria è obiettivamente un’ipotesi poco realistica. Dobbiamo aspettare per capire che cosa succederà. Nel messaggio di Öcalan letto ieri, veniva riportato anche che la fine della PKK e della lotta armata saranno possibili se verranno soddisfatte anche condizioni democratiche. Si getta insomma la palla nel campo del governo turco. Il congresso dei curdi ha ascoltato la proposta del leader Öcalan, ma aspettiamo che le condizioni siano mature prima di agire”.
Il leader dei curdi Ocalan chiede al PKK di sciogliersi
SEIDISERA 27.02.2025, 18:00
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