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La prima volta di un Papa in Bahrein

L'analisi - Un viaggio in un Paese alla periferia della Cristianità che richiama alcuni dei valori del Pontificato di Bergoglio

  • 3 novembre 2022, 14:45
  • 14 settembre 2023, 11:24
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La visita di Papa Francesco durerà fino a domenica 6 novembre.

  • Keystone
Di: Paolo Rodari

È un viaggio all’insegna del dialogo, in particolare con l’Islam, e che ha luogo mentre sono ancora vive le tensioni tra i Paesi del Golfo, quello iniziato giovedì da Papa Francesco in Bahrein. È un viaggio di pace, per invitare le religioni ad essere sempre più un fattore di riconciliazione, di coesione e di armonia. E se, come ha confermato a Vatican News il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, «in un mondo caratterizzato da tensioni, da contrapposizioni, dai conflitti» la visita del Papa e gli appuntamenti ai quali parteciperà sono «un messaggio di unità, di coesione e di pace», è anche vero che a colpire ancora una volta è più di altro la stessa meta prescelta. Mai prima di Francesco un Pontefice si era recato in Bahrein. Ancora una volta Bergoglio sceglie di visitare un Paese sulla carta considerato “periferia” del mondo, un luogo ai margini anche della «classica cristianità», Europa centrale in testa.

La geopolitica delle periferie

Ormai è un leitmotiv del pontificato. La scelta di effettuare viaggi internazionali in Paesi «nuovi», che prima non erano mai stati mete di pellegrinaggi apostolici. Si tratta spesso di territori abitati da pochi cristiani, ma su cui tuttavia il Papa desidera il mondo punti i riflettori. Era accaduto nel 2017 quando andò in Myanmar e Bangladesh per prendere posizione in favore della minoranza Rohingya. Così nel 2018 quando volò in Cile per difendere i Mapuche vessati dalla dittatura di Pinochet. E poi l’Iraq, in piena pandemia, nel 2021, nel Paese delle minoranze vittime dell’Isis. E così sarà il prossimo gennaio quando volerà in Sud Sudan, un Paese ancora in cerca di pace dopo una sanguinosa guerra civile. Si tratta di luoghi fuori dalle agende dei grandi del mondo, Paesi che per il Papa sono invece degni di attenzione.

Manca la vecchia Europa

Francesco ha già fatto 38 viaggi da quando il 13 marzo del 2013 è salito al soglio di Pietro succedendo a Benedetto XVI. Si è recato in tutto il mondo, ma in Europa ha privilegiato i Paesi balcanici, quelli orientali e del Sud del Mediterraneo, ignorando invece completamente i Paesi considerati storicamente architrave del cristianesimo: dalla Spagna alla Francia, dalla Germania all’Olanda fino ad Inghilterra ed Austria. Del resto, la sua lettura della fede in Europa è per molti versi dissimile da quella offerta da Wojtyla prima, da Ratzinger poi. Per questi ultimi le radici cristiane della vecchia Europa erano il centro del cristianesimo stesso, il fulcro a cui guardare a da cui partire. Per Francesco le radici cristiane sono semplicemente dove la fede è viva, a qualsiasi latitudine essa viva. Per il primo Papa sudamericano, insomma, il centro sono le periferie, mentre la vecchia Europa ha una centralità che Francesco non riconosce.

No ad un Cristianesimo identitario

Benedetto XVI cercò di contrapporre la fede cattolica alla dittatura del relativismo che, a suo dire, dilagava in Europa. Francesco, invece, non ha mai fatto sua questa battaglia identitaria. In essa ha piuttosto visto il rischio per le stesse comunità cristiane di chiudersi in sé stesse in opposizione a un nemico da combattere. E, insieme, il rischio che il cristianesimo venga usato politicamente come sta accadendo per certi versi nel conflitto in Ucraina: il patriarca Kirill, guida della più importante comunità cristiana russa, non ha mai nascosto la sua visione delle cose, e cioè il fatto che a suo dire l’Occidente è il diavolo da abbattere, mentre la guerra proprio per questo motivo è giusta e santa.

Dai viaggi alle nomine

Non solo nella scelta delle mete dei viaggi, ma anche nelle nomine dei vescovi, e di più dei cardinali, il Papa usa criteri che nulla hanno a che vedere con il passato. Ogni concistoro con i nomi dei nuovi cardinali è una sorpresa. Da tempo sono senza berretta cardinalizia diocesi italiane importanti come Milano, Torino, Venezia, Genova, Napoli e Palermo. E così altre diocesi nel mondo: per Francesco non conta il prestigio della diocesi o quanti cardinali essa abbia dato alla Chiesa in passato, quanto lo spirito di servizio che gli stessi vescovi prescelti hanno dimostrato nel corso del loro ministero.


Notiziario ore 15, 03.11.2022

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