La scorsa settimana gli Stati Uniti e altri paesi europei, come la Germania, hanno preso la decisione, pubblica e ufficiale, di consentire all’Ucraina di usare proprie armi per colpire direttamente obbiettivi all’interno della Federazione Russa. Fino ad ora gli alleati occidentali avevano limitato l’utilizzo per bersagli situati nelle regioni occupate dell’Ucraina, compresa la Crimea e le zone contese nel Donbass e nel sud del Paese (Lugansk, Donetsk, Zaporizha e Kherson). La preoccupazione di fondo risiedeva nel timore che attaccare oltre il confine riconosciuto a livello internazionale con armi fornite dai paesi della NATO avrebbe potuto aggravare il conflitto provocando un’ulteriore reazione della Russia.
Ucraina, Biden dà il via libera all'uso di armi
Telegiornale 31.05.2024, 12:30
Cambiamento di rotta
Negli ultimi mesi l’andamento del conflitto sfavorevole a Kiev e soprattutto la recente offensiva delle forze di Mosca nel nordest, intorno a Kharkiv, hanno determinato il cambiamento di rotta, almeno parziale: sia per il fatto che da un lato il permesso di utilizzare armi le armi occidentali si riferisce al momento solo per la regione in questione, almeno seguendo le dichiarazioni di Washington, e dall’altro alla luce degli attacchi che dall’inizio dell’invasione nel 2022 l’Ucraina ha compiuto comunque all’interno della Russia. Si è trattato di vari episodi, da quelli con i droni che sono giunti sino a Mosca o hanno colpito regioni ben oltre la frontiera, ai raid di gruppi paramilitari associati all’esercito di Kiev nelle zone di Belgorod e Bryansk, passando per gli omicidi mirati coordinati dall’intelligence ucraina come quelli di Daria Dugina a Mosca e di Vladlen Tatarsky a San Pietroburgo. Allo stato attuale, delle indagini e delle informazioni fornite trapelate dagli alleati occidentali, anche il sabotaggio del gasdotto Nordstream potrebbe essere addebitato all’Ucraina.
Ambiguità strategica
Le regole di ingaggio sono state sempre velate in definitiva dalla voluta ambiguità strategica nella quale Kiev si è mossa in alcuni casi probabilmente senza il consenso delle alleati, suscitando anche irritazioni. Per contro, gli USA e i paesi della NATO hanno talvolta suscitato l’impressione di non avere una precisa strategia sia sulla qualità degli aiuti militari che sulla tempistica, non soddisfacendo mai al completo le richieste ucraine. Nel contesto della guerra di logoramento le tattiche sono state adattate alle varie fasi e ora il passaggio ad un’altra indica comunque che il livello dello scontro si sta nuovamente alzando. L’ultima decisione presa a Washington e nelle capitali europee si riferisce in ogni caso all’uso preciso di armi come i missili HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) oltre il confine nella regione di Kharkiv, la seconda città ucraina che dista una quarantina di km dalla Russia, per prendere di mira appunto posti di comando e controllo, depositi di armi e altri obiettivi militari utilizzati da Mosca.
Game Changer?
A Kiev è comunque impedito l’utilizzo di missili ATACMS (Army Tactical Missile Systems), che hanno un raggio di 300 km, contro obiettivi che non siano entro i territori occupati. Francia e Gran Bretagna hanno già concesso il permesso per gli Scalp (Système de Croisière Autonome à Longue Portée) / Storm Shadow, che arrivano sino a 250 km, mentre la Germania non ha ancora fornito i suoi Taurus, sempre a lunga gittata. Berlino ha dato il via libera solo a sistemi di inferiore portata e ai Patriot, che devono comunque essere avvicinati ai bersagli, entrando però nel mirino delle difese russe. La maggior parte degli esperti militari occidentali si è espressa affermando che in questo contesto l’Ucraina potrà aumentare sì le sue capacità difensive, ma non sarà certo in grado di ribaltare la situazione e il corso del conflitto, influenzato anche da altri elementi. La questione dell’utilizzo di armi in grado di dare una svolta decisiva, Game Changer, è stata affrontata in oltre due anni di guerra ogni volta che sul campo sono arrivate novità, dai missili Javelin agli HIMARS, dai carri Abrahams ai droni Bayraktar, con l’evidenza che in realtà poco è mutato. Anche l’impiego dei jet da combattimento F16, ancor incerto nei tempi, si inserisce nella stessa cornice, all’interno della quale ci sono tutti i fattori che contribuiscono a determinare la direzione che prende un conflitto. Accanto alle risorse tecnologiche ci sono soprattutto quelle umane, di cui l’Ucraina numericamente difetta e che giocano un ruolo fondamentale in un conflitto sul lungo periodo. In questa guerra si è aperto quindi un nuovo capitolo, che non sarà certo l’ultimo.