"Dichiarare unilateralmente l'indipendenza senza avere uno stato non serve a nulla: la dichiari e dopo poco tutti sanno che non hai nessuna capacità coercitiva per applicarla".
Non lascia spazio a dubbi l'analisi di Josep Ramoneda, sul fatto che in questo momento sarebbero comunque velleitari gli effetti di una possibile DUI, la dichiarazione unilaterale di indipendenza che l'esecutivo di Carles Puigdemont vorrebbe approvare nei prossimi giorni.
Abbiamo incontrato il filosofo catalano, fine conoscitore della politica della sua regione natale, nel suo studio di Barcellona due giorni dopo il referendum illegale tenutosi comunque in Catalogna lo scorso 1 ottobre.
Per Ramoneda non si può capire la crescita dell'indipendentismo - passato dal 15 al 45% circa negli ultimi 10 anni -, senza metterlo nel contesto europeo di crisi delle democrazie liberali.
La voglia di indipendenza si deve leggere anche come risposta al fallimento dell'anchilosato sistema bipartisan spagnolo e alla percezione della popolazione che si sente sempre meno rappresentata e ascoltata.
Amante del paradosso, Ramoneda ammette che gli piacerebbe che la Catalogna avesse uno stato proprio come gli altri, "tra le altre cose perché sarebbe la fine del nazionalismo", da lui lungamente criticato.
Davide Mattei