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Materie prime, l’Occidente che rincorre la Cina

Oggi il paese asiatico è in vantaggio nello sfruttamento delle risorse minerarie - Stati Uniti ed Europa tentano di recuperare il tempo perso - La Svizzera cosa rischia?

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Corsa alle materie prime

Modem 28.02.2025, 08:30

  • Keystone
Di: Modem/Pa.St. 

“Abbiamo concesso aiuti in cambio di nulla. Cercherò di fermare la guerra con tutti i morti che causa. In compenso chiediamo terre rare, petrolio e tutto ciò che possiamo ottenere”. È la richiesta che il presidente statunitense Donald Trump ha di recente avanzato nei confronti dell’Ucraina. E un accordo in tal senso dovrebbe essere siglato nelle prossime ore a Washington, dove alla Casa Bianca è attesa una visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Sarà un’intesa tutta a vantaggio degli Stati Uniti? Probabilmente no, come affermato venerdì a Modem su Rete Uno da Davide Maria De Luca, collaboratore RSI dall’Ucraina: “Sembra che l’Ucraina sia riuscita a modificare l’accordo in una maniera abbastanza favorevole”. E saranno due i punti centrali: “Da una parte c’è lo sfruttamento di nuove risorse minerarie, per le quali serviranno dai dieci ai quindici anni per uno sfruttamento serio. Dall’altra è previsto che il denaro ottenuto da queste nuove risorse fluirà in un fondo per la ricostruzione e investimenti in Ucraina”.

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Di quali risorse minerarie si parla? Certo, ci sono le cosiddette terre rare (si tratta di diciassette metalli presenti nella tavola periodica degli elementi chimici e che sono largamente impiegati in ambito tecnologico), ma queste “sono soltanto la punta dell’iceberg” ha spiegato alla RSI Giovanni Andrea Blengini, professore al Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Torino, già responsabile scientifico della Commissione europea per le materie prime critiche. “In Ucraina le terre rare non sono certamente l’elemento di spicco, ci sono altri elementi che sono invece molto interessanti, come per esempio il titanio, la grafite e il litio”. E per lo sfruttamento di queste materie servono investimenti, non soltanto per l’estrazione ma anche per la successiva trasformazione. Un ambito, quest’ultimo, che necessita inoltre tecnologie “che in questo momento forse hanno solo i cinesi. E che americani e giapponesi stanno cercando di recuperare con una certa fatica”.

Cosa sono le materie prime critiche?

Una materia prima è definita critica quando presenta una grande importanza economica combinata con un alto rischio di interruzione delle forniture a causa della concentrazione delle fonti e della mancanza di sostituti validi e a prezzi accessibili. Sono attualmente 22 quelle definite critiche dall’Unione Europea, che nel marzo 2024 ha adottato un regolamento sulle materie prime critiche per il futuro delle catene di approvvigionamento dell’UE.

Le materie prime critiche si trovano in molte componenti presenti in apparecchi di uso quotidiano, tra cui smartphone, veicoli elettrici, turbine eoliche, semiconduttori e aerei.

Il vantaggio cinese

La Cina ha in mano diverse materie prime strategiche e in particolare la loro lavorazione. Non si tratta - ha precisato Blengini -“di una benedizione divina, bensì di una politica industriale che non c’è stata in altri luoghi”. In merito a questa situazione, Sissi Bellomo - giornalista de Il Sole 24 Ore, dove segue i mercati delle materie prime - ha parlato di “un’attentissima pianificazione cinese”. Lo Stato “ha collezionato partecipazioni in miniere e ha costruito impianti per la lavorazione”.

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  • RSI

A titolo d’esempio, Bellomo ha citato il caso del litio, “che è uno degli elementi più comuni sulla crosta terrestre e di cui ci sarebbero dei depositi molto interessanti per lo sfruttamento anche in Ucraina”. Ma poi si tratta di essere in grado di trasformarlo. E sulla lavorazione del litio, la Cina è capofila. “Gli Stati Uniti hanno ricominciato a estrarre alcune terre rare, però poi sono costretti a farle lavorare in Cina, altrimenti sono inutilizzabili” ha aggiunto la giornalista.

Il quadro della situazione è confermato da Blengini, che su Rete Uno ha ribadito: “Sulle terre rare e altre materie critiche, la Cina ha investito negli anni Ottanta e Novanta”. E in questo momento per i Paesi occidentali si tratta di una rincorsa, sia dal punto di vista temporale (con miniere chiuse da decenni che andrebbero riaperte) che tecnologico.

Una questione di competitività

E poi la Cina ha un vantaggio competitivo che non va dimenticato: “Nel caso delle terre rare si stima che abbia una capacità produttiva di circa cinque o sei volte superiore a quella che impiega attualmente: questo significa che in tempi molto brevi, la Cina potrebbe aumentare di tre, quattro o cinque volte la produzione”. Insomma, non lo fa... ma potrebbe farlo. Ed è per questo motivo che investimenti sulle terre rare al di fuori della Cina “devono essere molto competitivi sotto il profilo economico”. E va considerato che per determinate terre rare i costi per l’estrazione sono superiori ai prezzi di vendita.

L’impressione - ha aggiunto Bellomo - è che la Cina stia già agendo in questo modo per determinati metalli, come il litio e il cobalto. “A giudizio di alcuni analisti starebbe artatamente provocando condizioni di prezzi bassi”.

E la Cina si trova in questa posizione di potere anche “con una forma di neocolonialismo in alcuni Paesi, dove aveva bisogno di mettere un presidio per avere delle materie prime che non produceva”. Un esempio è il cobalto: “Il 70% arriva dalla Repubblica democratica del Congo, non dalla Cina. Però in Congo sono soprattutto società cinesi che lo producono e, soprattutto, lo lavorano”. L’aspetto tecnologico è molto importante: “La Cina se ne rende conto e sta stringendo su quel fronte, non vuole condividere le tecnologie” ha detto Bellomo.

Le sanzioni e la Russia

Si parla molto della Cina, ma anche la Russia è tra i grandi fornitori di materie prime, in particolare per quanto riguarda il titanio. E, come rilevato da Blengini, tra i pacchetti di sanzioni decise nei confronti della Russia, nulla riguarda le esportazioni di tale elemento. “È essenziale per esempio per il settore spaziale e da parte dell’Unione Europea c’è una fortissima dipendenza dall’estero”.

La Svizzera che importa i semilavorati dall’Unione Europea

Nel frattempo, anche in Svizzera il Consiglio federale, rispondendo alle richieste del Parlamento, ha trattato la dipendenza da materie prime. La risposta è stata che per la Confederazione non rappresenta un problema, in quanto l’importazione dei materiali avviene dall’Unione europea sotto forma di semilavorati. “È un atteggiamento rischioso, che tra l’altro hanno anche altri Paesi” ha commentato Blengini. “Se si verifica un problema, il fornitore - che è quello che compra le materie prime probabilmente dalla Cina - a catena lo trasferirà a noi”. E ha concluso: “Anche gli utilizzatori di semilavorati stanno facendo sempre più l’analisi della loro catena di forniture e si stanno rendendo conto di quello che sta accadendo”.

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