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Messico: dazi e sovranità

Le minacce e le ingerenze politiche degli Stati Uniti stanno creando caos e rafforzando il nazionalismo

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RG 12.30 del 09.03.25: il servizio di Laura Daverio

RSI Info 09.03.2025, 12:30

  • Keystone
Di: Laura Daverio (da Città del Messico) 

Una nuova riforma costituzionale sarà presto sottoposta a voto, annunciata dalla presidente Claudia Sheinbaum. L’obiettivo primario sarà rafforzare l’indipendenza e la sovranità del Messico, vietando “interventi nelle indagini e nei procedimenti penali senza l’autorizzazione e la cooperazione esplicita dello Stato messicano, nel rispetto delle leggi applicabili.” Una dichiarazione che riecheggia l’arresto della scorsa estate di Ismael “El Mayo” Zambada, storico capo del narcotraffico, da parte delle autorità statunitensi. Zambada sarebbe stato ingannato da Joaquín Guzmán López, figlio di “El Chapo”, e costretto a salire su un aereo diretto negli Stati Uniti, dove entrambi sono stati arrestati. Le autorità statunitensi hanno dichiarato di non essere state coinvolte nell’operazione, che non ha visto l’impiego di cittadini americani, ma il Messico accusa Washington di aver violato la sua sovranità, operando senza il suo consenso su territorio nazionale.

In tema di sicurezza, sta pesando molto la recente decisione del Dipartimento di Giustizia statunitense di includere 6 cartelli della droga nella lista delle organizzazioni terroristiche. E’ un duro colpo per il Messico, può complicare le transazioni finanziarie, compromettere turismo e investimenti. Potrebbe anche rafforzare la posizione degli Stati Uniti per azioni militari sul suolo messicano, una possibilità che Trump non ha escluso.

Nelle prime settimane la presidenza di Trump ha provocato un terremoto, sia in politica interna che estera. il Messico non è stato risparmiato. La Presidente Sheinbaum è riuscita a mantenere un atteggiamento composto e rispettoso di fronte alle minacce di Trump, evitando lo scontro diretto. Ma le pressioni di Washington stanno avendo un impatto sulla politica interna messicana, rafforzando sentimenti nazionalisti, componente della relazione di odio-amore con il potente, e invadente, vicino. La presidente ha indetto per oggi una manifestazione di massa, “Messico è una nazione grandiosa”, durante la quale si rivolgerà alla nazione dallo Zocalo, la piazza nel cuore della capitale. Inizialmente, avrebbe anche dovuto annunciare dazi contro le merci statunitensi, dopo che Trump ha imposto il 25% su quelle messicane. Solo due giorni dopo, però, i dazi sono stati sospesi, per la seconda volta, prorogando la decisione di un mese. Un approccio umiliante, che riduce il Messico a uno “studente” costretto a presentare “compiti” per evitare punizioni, con l’obbligo di fermare l’immigrazione e combattere il traffico di droga, in particolare il fentanyl.

Da parte sua il Messico ha fatto molte concessioni alle richieste di Washington. Ha inviato migliaia di soldati alla frontiera, distogliendoli da altre zone più urgenti. Ha mandato negli Stati Uniti 29 narcotrafficanti per cui era stata chiesta l’estradizione, nonostante molti di loro avessero ricorsi pendenti. Gli arrivi di migranti alla frontiera sono diminuiti, non per una maggiore capacità di assorbimento, ma per deportazioni o trasferimenti lontano dalla frontiera. Ha accettato migranti non messicani deportati dagli Stati Uniti, ma nonostante tutto, martedì scorso i dazi sulle merci messicane sono entrati in vigore, per poi essere sospesi e prorogati di un mese, quando si ricomincerà un’altra volta.

C’è chi, però, vede nei dazi non solo uno strumento di pressione, bensì una nuova strategia economica contraria al trattato di libero commercio che ha da decenni integrato l’economia di Stati Uniti, Messico e Canada. Lo scopo è il backshoring, ovvero riportare l’industria manifatturiera che originariamente aveva base negli Stati Uniti. Per il Messico, il rischio è altissimo. Negli ultimi 30 anni la sua economia si è sviluppata grazie a questo accordo, e sebbene il paese abbia firmato 14 accordi di libero commercio con 52 nazioni, l’80% delle esportazioni vanno negli Stati Uniti. Nonostante Sheinbaum abbia parlato di diversificare gli scambi con nuovi partner, nessuno in Messico vede, al momento, un’alternativa al legame con gli Stati Uniti, neanche nel lungo periodo.

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