Mentre oltre 100 camion sono in attesa, ancora nessun aiuto è transitato dal valico di Rafah, l’unico punto di passaggio verso l’Egitto e l’unica uscita da Gaza non controllata da Israele, di cui lunedì mattina è stata annunciata la riapertura. Colpa di Israele che non collabora, secondo il ministro degli esteri egiziano Sameh Shukri, che ha ribadito l’urgenza si assistere la popolazione civile. Da parte egiziana tutto è pronto. L’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva smentito in precedenza una tregua con Hamas, che avrebbe dovuto permettere anche l’evacuazione dalla Striscia dei detentori di passaporti stranieri, statunitensi in particolare.
Israele ha precisato sabato che avvierà “operazioni militari significative” solo una volta che i civili avranno lasciato Gaza. Secondo le Nazioni Unite, più di un milione di persone ha abbandonato la parte settentrionale della Striscia negli ultimi giorni, dove la situazione appare nel frattempo sempre più insostenibile. “Una catastrofe umanitaria senza precedenti si sta svolgendo sotto i nostri occhi”, ha dichiarato domenica sera Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA).
Mentre il segretario di Stato Antony Blinken torna in Israele lunedì, dopo aver girato diverse capitali arabe, il presidente statunitense Joe Biden ha riaffermato che “occupare nuovamente Gaza (come Israele ha fatto dal 1967 al 2005, ndr) sarebbe un errore”. Proseguono i raid aerei da una parte e il lancio di razzi dall’altra. Il bilancio aggiornato di nove giorni di conflitto è di circa 1’400 morti in Israele, per la maggioranza civili, e 2’750 a Gaza, fra cui centinaia di bambini.