La gente è esausta nell’ex Birmania, ma si prepara ad una nuova fase della crisi politica: un conflitto che rischia di protrarsi per anni. La brutale repressione delle proteste pacifiche da parte delle forze armate, ha generato un movimento di resistenza armata, che cresce ogni giorno e si fa sempre più sofisticato, grazie anche alle inaspettate alleanze con i gruppi etnici storici, da cui gli attivisti divenuti combattenti, ricevono formazione e protezione.
Quando il 1. febbraio del 2021, il capo delle forze armate, Min Aung Hlaing, decise di porre fine al cammino del Paese verso la democrazia, sperava di mettere a tacere Aung San Suu Ky, con una serie di dubbie accuse, indire le elezioni senza la partecipazione del Premio Nobel per la pace, vincerle e diventare così Primo Ministro del governo civile. Se aveva messo in conto qualche protesta di strada, di certo non si aspettava una resilienza capace di cambiare il Paese.
È difficile immaginare che il regime possa tenere le elezioni promesse nel 2023, quando il Paese è nel caos. Non sarà certo lo scrutinio la giusta risposta alla profonda rabbia e frustrazione della popolazione, che non vuole più vedere uomini in uniforme al potere. Il Paese è intrappolato in un conflitto tra I’esercito birmano e le forze di resistenza, ed entrambi i fronti sono sicuri di poter vincere.
I militari sono convinti di prevalere grazie alla loro potenza e all'esperienza di contro-insurrezione, ma sanno anche che le centinaia di perdite tra le truppe, stanno avendo un profondo impatto sul morale.
Secondo gli esperti, se 10 mila soldati dovessero disertare, l’esercito si troverebbe davvero in difficoltà. Si stima che soltanto 2 mila militari abbiano voltato le spalle a Min Aung Hlaing fino ad ora.
Secondo il governo di unità nazionale, un'amministrazione parallela formata da legislatori eletti nel novembre 2020, la giunta birmana può essere debellata entro la fine del 2022. La principale sfida per la resistenza è sconfiggere l'aviazione militare. Non un dettaglio da poco.
Nessuno sembra disposto a fare marcia indietro, nessuno sembra voler negoziare e quindi la pace rimane un miraggio in un Paese che per dieci anni aveva creduto in un futuro migliore.
Myanmar, un anno dal colpo di stato
Telegiornale 01.02.2022, 20:00