Nessun cittadino elvetico è rimasto vittima del crollo del viadotto Morandi, avvenuto martedì mattina a Genova. Lo ha indicato mercoledì il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), raccogliendo le informazioni fornite dall'amministrazione del capoluogo ligure.
Tra le vittime, invece, figurano quattro francesi e sei latinoamericani: tre cileni, un peruviano, un colombiano ed un dominicano. L'ultimo bilancio fornito dal Viminale parla di 39 morti accertati, tre dei quali sono bambini. Intanto si scava ancora per trovare i dispersi: nelle ultime ore sono state estratte altre due persone che non sono state ancora identificate. Restano 16 i feriti, di cui 12 in codice rosso.
Nel frattempo ci si interroga soprattutto sulle possibili cause del crollo. C'è chi parla di un problema di concezione e di progettazione, chi mette in dubbio la qualità dei materiali usati, chi la manutenzione.
"Dalle poche informazioni ora disponibili è molto difficile farsi un'idea precisa di quello che possa essere successo, però io parto dal presupposto che non ci possa essere un errore concettuale di progettazione, proprio perché l'obiettivo del progetto è quello di evitare il collasso - ha spiegato ai microfoni della RSI l'ingegner Pietro Brenni, che di grandi opere se ne intende (ha appena concluso anche la costruzione del viadotto di Alptransit tra Lugano e Bellinzona).
"Rispetto ad anni fa - prosegue Brenni - oggi i ponti sono sottoposti a volumi di traffico molto importanti. E' qualcosa che può aver influito sulla capacità di resistenza del viadotto".
Altro aspetto sottolineato da Brenni quello della manutenzione: "Tutti i materiali subiscono un invecchiamento, quindi c'è un potenziale di riduzione della loro capacità di resistere". "Molto probabilmente - è la conclusione di Brenni - è stata una concatenazione sfortunata di eventi che ha portato a questa situazione inaccettabile".
RG 12.30 del 15.08.18; le valutazioni dell'ingegnere Pietro Brenni
RSI Info 15.08.2018, 18:30
Contenuto audio
ATS/M. Ang.