A cinque mesi dall’inizio delle primarie, a pochi giorni del primo dibattito televisivo tra gli aspiranti candidati repubblicani, la campagna elettorale americana gira sempre attorno alla figura di Donald Trump e alle sue disavventure giudiziarie.
Dopo la quarta incriminazione, la settimana prossima – il 25 agosto – l’ex presidente dovrà presentarsi dallo Sceriffo della contea di Fulton, Georgia, per la presa delle impronte e la foto segnaletica prima dell’udienza preliminare di settembre. Due giorni prima a Milwaukee è previsto il primo confronto tra chi si contende la nomination repubblicana per la Casa Bianca.
Le attenzioni si sposteranno in Wisconsin, dopo che per dieci giorni – durante la tradizionale Fiera dello Stato – giornalisti e analisti si sono concentrate nello stato confinante, l’Iowa. In quello che ormai è un bastione repubblicano nel Midwest le incriminazioni federali e della Georgia contro Trump per aver cercato di sovvertire l’esito delle elezioni del 2020 non sembrano aver modificato gli umori degli elettori, la cui stragrande maggioranza pare convinta a sostenere l’ex presidente il giorno dei caucus.
“Donald Trump ha incoraggiato i suoi sostenitori a non fidarsi di nessun altro se non di lui, spiega Dennis Goldford, professore di Scienze Politiche alla Drake University di Des Moines, ed ora i suoi credono alla tesi che sia solo una persecuzione politica”. Giunto in Iowa nel 1985, Goldford oggi è quasi un oracolo per chiunque si interessi di questo piccolo stato (3 milioni di abitanti), il primo tradizionalmente a pronunciarsi nella corsa alla nomination. Qui si voterà il 15 gennaio 2024 e un’eventuale sorpresa potrebbe stravolgere la narrazione politica e, chissà, cambiare il corso della Storia. “È tutta una questione di aspettative, precisa Goldford, se Trump non dovesse confermare l’attuale sostegno superiore al 40 per cento anche gennaio potrebbe essere il segnale che qualcosa si starà incrinando e il vento potrebbe cambiare…”. Un vento, va detto, che anche dopo la terza e quarta incriminazione di Trump continua a soffiare a supporto dell’ex Presidente. “Alcuni repubblicani – dice al Telegiornale il professore 65enne – sono a disagio per questo appoggio acritico, ma molti continuano a sostenerlo, turandosi il naso o perché pensano che il partito non può permettersi di opporsi a lui”.
In uno stato rurale, popolato quasi al 90 per cento da bianchi, un tempo erano soprattutto l’economia in testa alle preoccupazioni, ma da una quindicina di anni è la fortissima base religiosa a condizionare gli umori dell’elettorato. “Alle ultime primarie repubblicane, nel 2016, il 64 per cento di chi vi partecipò – racconta Goldford – si dichiarava cristiano evangelico. Da allora i temi divenuti cari ai candidati repubblicani – da Trump in giù – sono diventati culturali e valoriali, come l’aborto, l’omosessualità o la droga”.
Un cambiamento di sensibilità che ha una data precisa, spiega Goldford. “Quando sono giunto in Iowa, quarant’anni fa, era ancora considerato uno Swing State, moderatamente progressista, moderatamente conservatore. La trasformazione in una roccaforte repubblicana è avvenuta di recente ed è diventata sorprendentemente evidente nel 2016, quando a livello nazionale vi fu il fenomeno delle circa 206 contee che dopo aver votato Obama nel 2012 erano passate a Trump. Lo stato con il maggior numero di queste contee, 31, fu proprio l’Iowa”.
Come già in passato l’Iowa potrebbe riservare sorprese, i sondaggi danno un sostegno all’ex presidente inferiore rispetto alla media nazionale, ma nella storia recente mai nessun candidato ha avuto un vantaggio simile sugli avversari a pochi mesi dal voto. Se Trump arriva da favorito in Iowa e vince, non c’è più storia. Ma come arriverà “The Donald” alla linea di partenza fra cinque mesi?