Il cartello dei maggiori Paesi produttori di petrolio (OPEC+) ha deciso di ridurre la produzione di due milioni di barili al giorno nel tentativo di sostenere i prezzi del greggio, sfidando l'Occidente, alle prese con il caro-energia.
Immediata la reazione statunitense: il presidente Joe Biden parla di una riduzione "non necessaria" e, dicendosi deluso, critica una scelta "miope". La Casa Bianca ha cercato sino alla fine di fare pressione sull'OPEC+ affinché non procedesse a un taglio che rischia di far salire i prezzi dell'energia e della benzina a un mese dalle elezioni di metà mandato, complicando così gli sforzi dei Democratici che stanno cercando di mantenere il controllo del Congresso.
Il pressing però non ha avuto esito. L'Arabia Saudita ha infatti deciso di schierarsi con la Russia e spingere per una riduzione della produzione, voltando le spalle agli alleati statunitensi e riaccendendo violente critiche contro la Casa Bianca per la recente visita di Biden a Riad. "Non è stato uno spreco di tempo", ha respinto le accuse John Kirby, il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale.
L'OPEC+ si mostra "allineata con la Russia", ha aggiunto la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre parlando senza giri di parole di un "errore" da parte del cartello. Criticando il taglio, Biden si è impegnato a consultare immediatamente il Congresso per valutare gli strumenti e i poteri necessari per ridurre il controllo dell'OPEC+ sui prezzi dell'energia e ha aperto a un nuovo rilascio di riserve petrolifere strategiche per calmierare i prezzi.
Anche l'Europa guarda con preoccupazione al taglio della produzione. Secondo gli analisti, la scelta dell'OPEC+ è "politica ed è un chiaro segnale del malcontento sul price cap perché, a prescindere dalla sua efficacia, è considerato un precedente pericoloso". L'Arabia Saudita, avendo spinto per la riduzione, "si mette in rotta di collisione" con gli Stati Uniti e l'Occidente mostrandosi alleata con la Russia ed "esponendosi a conseguenze politiche" non trascurabili.