Gli PFAS, inquinanti “eterni” e spesso nefasti per la salute, già presenti nel suolo e nell’acqua, si ritrovano sempre più spesso anche nei nostri piatti. Secondo diverse ONG, l’uso di pesticidi che li contengono è esploso fra il 2011 e il 2021 e lo si constata nei frutti e nelle verdure che ci arrivano in casa. Martedì è stata presentata un’analisi dei dati ufficiali dei programmi nazionali di sorveglianza dei Paesi membri dell’UE, dalla quale risulta che nei 278’516 campioni esaminati, il volume di quelli contaminati è cresciuto del 220% rispetto a un decennio prima.
Nel 2021, quindi, “in media in un quarto dei frutti coltivati a livello nazionale” nell’Unione risultava la presenza di almeno uno PFAS. Per le fragole (37%), le pesche (35%) e le albicocche (31%) i dati sono sopra la media, spiega il rapporto redatto da queste organizzazioni. Fra le verdure la media è del 5,5% ma l’incremento è altrettanto significativo. L’indivia (42% di prodotti contaminati) e i cetrioli (30%) risultano i più toccati.
Sono 20 i Paesi presi in considerazione e la maglia nera spetta all’Olanda, dove contaminazioni sono state recensite nel 27% dei campioni di frutti e verdure coltivati sul posto. Seguono Belgio, Austria, Spagna e Portogallo, tutti sopra il 20%.
L’UE ha fatto un primo passo lo scorso anno nella regolamentazione degli PFAS, che sono utilizzati anche in prodotti di consumo corrente come i rivestimenti delle padelle. Dalle nuove norme sono tuttavia esclusi i pesticidi che ne contengono, perché i prodotti fitosanitari sono soggetti a una norma europea specifica.
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