Dopo il botta e risposta della scorsa settimana, la Cina ha assicurato che “combatterà fino alla fine” contro i dazi imposti da Donald Trump in una guerra commerciale che voleva evitare ma da cui segnala di non voler fuggire. Il presidente degli Stati Uniti ha minacciato ulteriori tasse aggiuntive del 50% sulle importazioni da Pechino, qualora quest’ultima non ritiri il pacchetto di ritorsioni annunciato venerdì scorso. Lunedì 7 aprile, un lungo editoriale de Il Quotidiano del Popolo ha ammesso il rischio di un impatto dei dazi sulla Cina, ma allo stesso tempo ha auspicato di “trasformare la pressione in motivazione” per far sì che il problema diventi “un’opportunità strategica per accelerare la costruzione di un nuovo modello di sviluppo” meno dipendente dalle esportazioni. Per capire più a fondo la prospettiva della Cina, la RSI ha intervistato Wang Wen, preside dello Chongyang Institute per gli Studi Finanziari della prestigiosa e influente Università Renmin di Pechino, nonché tra i componenti del centro di ricerca finanziaria dell’ufficio di consulenza del governo.
Inizialmente sembrava che Trump avesse adottato un approccio meno aggressivo del previsto nelle relazioni commerciali con la Cina. Si era fermato ben prima del 60% di dazi aggiuntivi minacciati in campagna elettorale e aveva espresso il desiderio di visitare la Cina o di ricevere il presidente Xi Jinping. Poi ha deciso di alzare il livello dello scontro. Che spiegazione si dà la Cina?
“In realtà, la tattica costante di Trump nelle negoziazioni internazionali è sempre stata la ‘massima pressione’. Prima lancia una proposta, mostrando al contempo un’apparente buona volontà, per poi spingere l’altra parte alla resa. Se l’altra parte cede, lui alza ulteriormente la posta, cercando di ottenere di più. Già nel primo mandato di Trump si era manifestata questa natura avida e opportunista. Di fronte a un uomo d’affari scorretto e senza sincerità come lui, il miglior modo per rispondere è il contrattacco basato sulla forza, fino a raggiungere un equilibrio. Da questo punto di vista, l’iniziale moderazione di Trump, o l’imposizione di dazi minori, erano solo fenomeni superficiali. La Cina non cederà. E più Trump intensifica la pressione, meno la Cina cederà”.
Nelle due tornate di dazi del 10% ciascuna imposte da Trump a febbraio e marzo, la Cina ha sempre risposto con fermezza ma in modo mirato, mostrando la disponibilità a una de-escalation. Poi, lo scorso venerdì, si è deciso di rispondere con maggiore determinazione. Come mai?
“La reazione della Cina agli attacchi statunitensi è stata simmetrica e contenuta. La Cina ha sempre assunto un ruolo difensivo. È disposta a distendere i rapporti con gli Stati Uniti, ma se gli USA continuano ad attaccare, la Cina sarà costretta a difendersi proporzionalmente. Gli Stati Uniti non devono illudersi che la Cina si sottometta o che cerchi un compromesso: ciò potrà avvenire solo se l’America abbandonerà l’atteggiamento da potenza egemone e ripristinerà un rapporto di rispetto reciproco, cooperazione vantaggiosa e parità”.
Secondo alcuni analisti, l’impatto dei dazi annunciati finora potrebbe incidere sullo 0,7% del PIL cinese entro il 2025. Quali saranno le conseguenze con l’ulteriore 50% minacciato da Trump?
“L’economia cinese ha una dipendenza dalle esportazioni pari a circa il 15%, e quella verso gli Stati Uniti è di circa il 3%. Anche se Trump imponesse molti più dazi, l’impatto sull’economia cinese sarebbe comunque piuttosto limitato. Inoltre, molti dei prodotti cinesi esportati negli USA non sono facilmente sostituibili. Se Trump applicasse dazi complessivi del 104%, ciò incoraggerebbe il commercio triangolare: altri Paesi acquisterebbero i prodotti cinesi per poi rivenderli agli Stati Uniti”.
La Cina ha un forte surplus commerciale e la sua economia sembra ancora molto legata alle esportazioni. Quanto è importante rafforzare il consumo interno e a che punto è la trasformazione del modello di sviluppo necessaria per schermarsi da dazi e sanzioni?
“Già nel 2020 la Cina ha introdotto la strategia della ‘doppia circolazione’, privilegiando il mercato interno e la domanda interna. Attualmente, il contributo della domanda interna all’economia cinese supera l’80%. Anche nei prodotti tecnologici avanzati sono stati fatti notevoli progressi. Il peso del commercio con gli Stati Uniti sull’intero commercio cinese è in diminuzione, mentre la competitività dei prodotti cinesi è in crescita. Le sofferenze causate da questa guerra dei dazi saranno inferiori rispetto al 2018 e sicuramente minori rispetto a quelle che subiranno gli stessi Stati Uniti”.
Quali altre contromisure ha a disposizione la Cina in un’ipotetica escalation?
“La svalutazione della moneta è una delle opzioni possibili, ma al momento non è la scelta prioritaria. Il divieto di esportazione delle risorse minerarie o dei prodotti legati alle terre rare è una delle opzioni principali. Ma ci sono ancora diverse altre misure di ritorsione nel ‘cassetto degli attrezzi’ della Cina, che è pronta allo scenario peggiore. Qualunque mossa faccia Trump, la Cina ha già preparato contromisure. Questa nuova ondata di guerra dei dazi favorirà sicuramente l’internazionalizzazione del renminbi, e stimolerà le imprese cinesi a espandersi ulteriormente all’estero.
Finora, molti altri Paesi non hanno reagito ai dazi di Trump e sembrano orientati verso il negoziato. È possibile che anche Cina e Stati Uniti possano negoziare un accordo? Per quanto tempo può continuare questo botta e risposta?
“Fino a quando Trump non imparerà a rispettare la Cina, non sarà possibile alcun negoziato. Anche gli altri Paesi si renderanno conto gradualmente che, con Trump, arrendersi o negoziare supplichevolmente non porterà a nulla. Un negoziato paritario non si ottiene chiedendo, ma combattendo”.
I dazi di Trump possono avvicinare la Cina ai vicini asiatici e all’Europa?
“Sì. Le relazioni tra Cina, Giappone e Corea del Sud si stanno riprendendo. Anche i rapporti Cina-UE stanno facendo progressi. Nei prossimi mesi, non si può escludere la possibilità di grandi accordi di cooperazione tra l’Asia orientale e l’Europa su tasse aggiuntive e investimenti”.

Dazi: il punto e le prospettive
Telegiornale 07.04.2025, 20:00