Approfondimento

Perdite ucraine, oltre le cifre di Zelensky

Perché le diverse stime sul numero dei morti non coincidono? Le spiegazioni dell’esperto Mauro Gilli: “I numeri li ha solo Kiev, le stime degli altri si basano su parametri non sempre congruenti con i tempi moderni”

  • 29 febbraio, 05:33
  • 29 febbraio, 12:56
Vittime Ucraine

Immagine d'archivio

  • Keystone
Di: Lorenzo Perren

Domenica scorsa il presidente Volodymyr Zelensky ha comunicato per la prima volta dall’inizio del conflitto il numero ufficiale di soldati ucraini caduti durante la guerra: 31’000 uomini. Il Pentagono, l’estate scorsa, ha invece parlato di circa 70’000 vittime; mentre una ONG ucraina ha diffuso una lista con 42’000 caduti, elencati per nome e cognome.

Perché le cifre non coincidono? Cosa nascondono questi numeri? E perché sono stati comunicati solo ora? Lo abbiamo chiesto a un esperto, Mauro Gilli, ricercatore associato in tecnologia militare e sicurezza internazionale presso il Centro per gli studi sulla sicurezza dell’ETH di Zurigo.

Come precisato dallo stesso leader ucraino, il conteggio non contempla i dispersi e i feriti. “Il dato comunicato da Zelensky sembra indicare unicamente le cosiddette fatalities. La lingua inglese – spiega Gilli – adopera due termini distinti per indicare le vittime in guerra: fatalities e casualties”. Le prime contemplano i morti, mentre le seconde indicano chi non può più combattere. Le casualties contengono, in questo senso, sia i morti che i feriti, ma solo i feriti che non sono in grado di combattere.

“I dati ufficiali li possiede solo l’esercito ucraino”, tuttavia i modi e i tempi della guerra odierna lasciano presupporre un numero di casualties importante.  “Nella guerra odierna (di profondità) si impiegano per lo più munizioni guidate: sono armamenti che quando colpiscono l’obiettivo fanno danni strutturali e significativi. E sono armi che generalmente non lasciano feriti; se li lasciano, questi versano in condizioni estremamente gravi”. Tendenzialmente chi sopravvive a un attacco del genere difficilmente può tornare al fronte.

Si consideri poi lo stallo che ha caratterizzato negli ultimi mesi i combattimenti. “Con i fronti stabilizzati fare incursioni è estremamente difficile”; una situazione che spinge entrambe le parti ad impiegare maggiormente gli armamenti pesanti.

Anche l’esperienza della truppa è determinante nel limitare il numero di feriti. Dall’inizio del conflitto, “il numero di truppe esperte è diminuito in maniera significativa e oggi le file dei due eserciti si compongono per lo più di soldati appena formati”. Questo può dar luogo a situazione nefaste, come alcuni attacchi ucraini contro bunker russi, resi possibili dalla condivisione sui social di fotografie da parte di alcuni militari russi. Questi video, infatti, permettono di geolocalizzare la posizione esatta delle forze nemiche, esponendoli dunque ad attacchi di precisione.

Le cifre del Pentagono

Il numero comunicato dal Pentagono va letto attraverso le considerazioni sopra esposte. “Nelle guerre tradizionali noi analisti consideriamo un rapporto morti-feriti di 1 a 3”. Significa che per ogni soldato caduto si contano almeno tre feriti. “È un rapporto indicativo, basato sui dati storici. Ha retto nella Seconda guerra mondiale, in Vietnam e in diversi altri conflitti del secondo novecento”.

A partire dagli anni Novanta, tuttavia, il modo di condurre la guerra è mutato: le operazioni di fanteria hanno lasciato sempre più spazio all’artiglieria. “Verosimilmente oggi il rapporto è cambiato – dice Gilli – ma non possiamo saperlo con precisione. Però sulla base di quello che sappiamo, possiamo presupporre un rapporto 1,5:3 o addirittura 2:3, per ogni due caduti si contano tre feriti”.

Per questo motivo il Dipartimento della Difesa statunitense ha stimato una cifra di caduti più elevata, perché ha utilizzato per le sue considerazioni un rapporto che dava maggior peso ai morti.

Gilli

Mauro Gilli

  • RSI

La tempistica di Zelensky

La prudenza mostrata dal presidente ucraino nel comunicare il dato delle vittime risponde a due particolari esigenze. “Da una parte serve ad esercitare pressione sui partner occidentali per ricevere maggiore supporto; dall’altra, comunicare il dato prematuramente avrebbe esposto Kiev ad un certo rischio; avrebbe offerto un gran vantaggio alla controparte, dando molto materiale al Cremlino per riflettere su come condurre e organizzare i combattimenti”.

Per la stessa ragione l’esercito ucraino non ha mai comunicato il numero esatto dei suoi equipaggiamenti nemmeno ai suoi partner e supporter. “Noi attualmente – ricorda Gilli – non abbiamo idea di quanti caccia abbia l’Ucraina né di quante munizioni di artiglieria disponga. Su quest’ultimo punto sappiamo che su alcuni fronti i soldati hanno iniziato a razionare i missili, ma ignoriamo la cifra esatta”. È una scelta voluta da Kiev, proprio per evitare di fornire a Mosca indicazione sul suo stato di prontezza.

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