Le autorità cinesi hanno fatto abbattere più di 38'000 maiali per contenere un focolaio di peste suina africana di proporzioni mai viste nel Paese, primo produttore mondiale di questo tipo di carne.
L'agenzia di stampa governativa Xinhua, che cita le statistiche del ministero dell'Agricoltura, ha reso noto domenica che il virus di febbre emorragica è stato individuato già in cinque province.
Pechino aveva annunciato all'inizio di agosto di aver scoperto un focolaio, per la prima volta sul suo territorio, in un'azienda agricola di Liaoning (nel nord-est). Da allora l'epidemia si è diffusa nel sud del Paese, con casi di contaminazione a volte a più di 1'000 km di distanza, sollevando serie preoccupazioni circa la possibile contaminazione dei suini nel resto del Paese.
La settimana scorsa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) aveva dichiarato che l'epidemia minacciava di diffondersi in altri paesi asiatici. Lo scorso maggio la FAO aveva anche messo in guardia dal rischio di diffusione della malattia dalla Russia.
La peste suina africana in Africa, in Russia e in diversi paesi dell'Europa orientale è molto difficile da controllare perché non esiste un vaccino efficace. Tuttavia, non rappresenta alcun pericolo per la salute umana.
La trasmissione avviene per contatto diretto tra suini infetti, zecche o animali selvatici, come cinghiali o facoceri, ed è letale al 100% per gli animali infetti, con gravi perdite economiche per le aziende.
Circa la metà della popolazione suina mondiale è allevata in Cina, il paese che consuma la maggior parte di questo tipo di carne pro capite, secondo la FAO.
ATS/M. Ang.