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Ponte Morandi, al via il maxi-processo

Si apre oggi (giovedì) a Genova: 59 imputati dovranno rispondere, tra le altre accuse, di omicidio colposo plurimo, attentato alla sicurezza dei trasporti e contraffazione

  • 7 luglio 2022, 07:41
  • 23 giugno 2023, 21:04

RG 7.00 del 07.07.2022 - Il servizio di Anna Valenti

RSI Mondo 07.07.2022, 09:41

  • archivio keystone
Di: ATS/AFP/dielle

Si apre oggi (giovedì) a Genova il maxi-processo sul crollo del ponte Morandi, che è costato la vita a 43 persone. Alla sbarra compariranno 59 imputati, per i quali dovranno essere stabilite le responsabilità.

Le immagini scioccanti del crollo del viadotto hanno fatto il giro del mondo: il 14 agosto 2018, sotto una pioggia battente, il ponte autostradale Morandi, una via fondamentale per gli spostamenti locali e per il traffico con Francia e Svizzera, è crollato, gettando nel vuoto decine di veicoli e i loro passeggeri. Una tragedia ha gettato una pesante ombra sul cattivo stato delle infrastrutture di trasporto italiane e sul ruolo della società Autostrade per l'Italia (Aspi). L'azienda è stata accusata di non aver effettuato la manutenzione della struttura per risparmiare a scapito della sicurezza.

"Bomba a orologeria”

"Il ponte Morandi era una bomba a orologeria. Si sentiva il ticchettio, ma non si sapeva quando sarebbe esploso", ha dichiarato a febbraio Walter Cotugno, uno dei procuratori. Ha pure affermato che non c'è dubbio che gli amministratori di Autostrade e della società di ingegneria Spea, incaricata della manutenzione, "erano consapevoli del rischio di collasso", ma erano riluttanti a finanziare i lavori per "preservare i dividendi" degli azionisti.

La conclusione dei magistrati è schiacciante: "Tra l'inaugurazione nel 1967 e il crollo - cioè 51 anni dopo - non sono stati eseguiti i lavori minimi di manutenzione per rinforzare gli stralli del pilastro numero 9", che è crollato il giorno della tragedia.

La maggior parte degli imputati sono dirigenti e tecnici delle due società, tra cui l'allora direttore generale di Autostrade, Giovanni Castellucci, che se n'è andato con un risarcimento di 13 milioni di euro, nonché l'ex capo di Spea, Antonino Galata, ma anche funzionari del ministero delle Infrastrutture.

Gli imputati dovranno rispondere a vario titolo di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d'atti d'ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Il processo dovrebbe durare due o tre anni.

Testimone scomodo

Giovanni Paolo Accinni, uno degli avvocati di Castellucci, ha dichiarato che l'accusa "cadrà come una foglia d'autunno" se il processo sarà "equo" e "proteggerà non solo le vittime, ma anche gli innocenti". L'accusa potrà però contare su un testimone importante: Roberto Tomasi, successore di Castellucci e dirigente di Autostrade dal 2015, che ha mostrato la volontà di voltare pagina e che potrebbe risultare ingombrante per il suo predecessore.

All'epoca della tragedia, Autostrade era di proprietà del gruppo Atlantia, controllato dalla ricca famiglia Benetton, che a maggio ha venduto la sua quota allo Stato.

Gli accordi extragiudiziali e i rifiuti: "La vita non ha prezzo”

Mentre gli ex amministratori di queste società sono sul banco degli imputati, Autostrade e Spea hanno evitato il processo grazie a un accordo extragiudiziale con la Procura, che prevede il pagamento di 29 milioni di euro allo Stato.

Anche le famiglie delle vittime sono state risarcite con più di 60 milioni di euro, un accordo che secondo l’avvocato del Comitato dei parenti delle vittime del ponte Morandi Raffaele Caruso "costituisce un primo riconoscimento di responsabilità" da parte delle due società. "Si tratta ad ogni modo di uno dei processi più importanti della storia recente dell'Italia, per il numero di imputati, per la portata della tragedia e per la ferita inferta a un'intera città", ha dichiarato all'AFP.

Solo due famiglie delle vittime hanno rifiutato di accettare il risarcimento offerto da Autostrade.

Egle Possetti, presidente del Comitato dei parenti delle vittime, ha rifiutato l'offerta per non perdere la possibilità di costituirsi parte civile e influenzare il processo. "Sono sicura che molti, non tutti, sapevano che il ponte sarebbe crollato un giorno, e alcuni hanno fatto finta di non vederlo", ha confidato con amarezza. L'altro rifiuto è arrivato da Roberto Battiloro, che ha perso il figlio 29enne nella tragedia e a cui è stato offerto un milione di euro: "La vita di mio figlio non ha prezzo, voglio un vero processo".

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