Una questione sullo sfondo dell'iniziativa inaugurata oggi - 14 maggio - dal Papa: gli Stati Generali della Natalità, un grande meeting dedicato al futuro della demografia in Italia e nel mondo, che intende promuovere le nascite mobilitando istituzioni, imprese e media. Il calo delle nascite interessa tutti i paesi sviluppati, ponendo importanti sfide legate all'invecchiamento della popolazione. Ma a livello mondiale la popolazione aumenta, esercitando un'enorme pressione sulle risorse limitate del pianeta. Abbiamo affrontato questi temi con uno dei partecipanti al Forum sulla Natalità, Giancarlo Blangiardo, direttore dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e professore di demografia all'Università Milano-Bicocca.
Il direttore dell’ISTAT Giancarlo Blangiardo
L'ONU stima che nel 2050 la popolazione mondiale sfiorerà i 10 miliardi di persone, troppe per le risorse del pianeta. Il riscaldamento climatico, la riduzione della biodiversità, l'attuale pandemia sono anche conseguenza della pressione demografica. E' vero che nei paesi ricchi la popolazione diminuisce a causa della ridotta natalità, ma è giusto affrontare queste sfide promuovendo le nascite, come vuole fare l'iniziativa inaugurata a Roma dal Papa? "Il punto è DOVE promuovere le nascite. Nel senso che stiamo parlando di territori, l'Italia in particolare, nei quali la natalità è troppo bassa, quasi patologica. Quindi il problema non è accrescere forzatamente una popolazione, ma mantenere una dimensione demografica e consentire un ricambio generazionale armonioso, che eviti squilibri legati al fenomeno dell'invecchiamento. Questo vale per i paesi più sviluppati, l'Italia e l'Europa soprattutto."
In molti paesi però la popolazione aumenta. Secondo le previsioni dell'ONU, l'India supererà la Cina come paese più popoloso. Aumenta molto in Pakistan, Indonesia, Stati Uniti e in vari paesi africani, Nigeria, Congo, Etiopia, Tanzania, Egitto. Non sarebbe allora più razionale agire sulla leva dell'immigrazione?
"L'immigrazione può essere una delle valvole di sfogo legate alla dinamica demografica. Noi abbiamo due problemi diversi, da un lato paesi che crescono in maniera eccessiva e paesi che invece decrescono e cambiano in termini di struttura in maniera pericolosa per gli equilibri sociali. Una immigrazione - regolata- può consentire di compensare in parte l'eccesso da un lato e la carenza dall'altro, ma la soluzione non deve essere necessariamente spostare popolazione. Dobbiamo agire in entrambe le direzioni, in modo tale da favorire le condizioni che rallentano la crescita e dall'altro incentivare un recupero di posizioni che sono state perse."
Immigrati tratti in salvo nel Mediterraneo
Di fatto gli spostamenti di popolazione già avvengono e non si riescono ad arginare. Perché allora non destinare risorse all'immigrazione, per renderla più accettabile, piuttosto che alla promozione della natalità? "L'immigrazione è sicuramente un elemento su cui lavorare, però teniamo presente che oggi nel mondo ci sono circa 300 milioni di migranti in contesto che raggiunge complessivamente gli 8 miliardi di persone. Quindi il fenomeno dell'immigrazione, per quanto presente, è ancora marginale. Inoltre lo spostamento di popolazione comporta la capacità, il diritto, per queste popolazioni di avere piena integrazione. Questo significa risorse, capacità di accettazione dall'altra parte, non è un processo semplice. Certo è un processo in corso, che si può aiutare, regolare nella maniera appropriata, ma non si può pensare che la soluzione degli eccessi di popolazione dell'India piuttosto che dell'Africa subsahariana e le carenze che si riscontrano nel territorio europeo siano compensabili in tempi rapidi con l'immigrazione. Il processo è in atto, va valorizzato come contributo, non come unica soluzione del problema."
Resta il fatto che l'aumento della popolazione rappresenta una sfida per le risorse del pianeta, lo sperimentiamo di continuo...
"Sicuramente. Ma la popolazione mondiale ha rallentato la sua crescita. C'è quello che in demografia si chiama transizione demografica, cioè un processo che progressivamente porta a far sì che innanzitutto cala la mortalità, poi anche la natalità e la fertilità diminuiscono e si adeguano. Quasi tutto il mondo ha completato il processo di transizione, non dico che siamo tutti alla crescita zero ma si va verso quella direzione, anche i grandi paesi, la stessa Cina e fra non molto l'India. L'unico territorio a livello mondiale in cui questo processo è ancora in ritardo è l'Africa e in particolare l'Africa subsahariana. Quindo noi dobbiamo semplicemente spingere verso un completamento del processo di transizione, aiutando quelle aree che per una serie di motivi oggi sono in ritardo e lente nel processo di transizione. La direzione è quella, tant'è che le Nazioni Unite quando fanno previsioni nel lungo periodo concepiscono l'idea che vi sia una sorta di equilibrio o crescita zero come obiettivo. Noi dobbiamo far sì che si raggiunga quell'obiettivo in tempi brevi, in modo tale da stabilizzare la componente demografica sul pianeta."
Dell'invecchiamento della popolazione, uno degli aspetti più preoccupanti riguarda la difficoltà di supportare i sistemi pensionistici. Tuttavia non si considera la produttività del lavoro, che con le nuove tecnologie tende ad aumentare, ossia il lavoro del singolo dovrebbe produrre più ricchezza e quindi compensare quello che si perde in termini di popolazione giovane, non è così Prof. Giancarlo Blangiardo?
"E' una delle leve sulle quali operare, lo abbiamo visto e sperimentato concretamente. L'accrescimento della produttività rende disponibili beni e servizi in misura più ampia, quindi il contributo dell'essere umano può essere anche minore. E c'è un altro elemento importante, la crescente vitalità delle persone. Quando si parla di invecchiamento si può anche immaginare un processo che garantisca il cosiddetto anziano attivo. E' una risorsa che non si può accantonare, visto che sarà una risorsa sempre più presente, ma si può valorizzare anche in termini produttivi. E' vero che ci sono sempre meno giovani, però ci sono anziani con una formazione più alta, in un sistema in cui si chiede sempre meno la forza fisica ma più l'esperienza e l'intelligenza. Quindi c'è la possibilità non solo di sfruttare il progresso tecnologico ma anche di valorizzare questa componente che è vero è invecchiata, ma è un invecchiamento che è ancora utile anche dal punto di vista produttivo."
Torno alla questione di un pianeta che al momento sembra scoppiare perché troppo popolato, lei Prof. Giancarlo Blangiardo quali dinamiche vede?
"Prendiamo la Cina per esempio, che negli anni ottanta ha adottato la regola del figlio unico, passando da 25 milioni di nati a circa 10. Poi si sono accorti che con l'allungamento della sopravvivenza i 25 milioni diventeranno 25 milioni di anziani e i giovani che dovranno mantenere questi anziani saranno 10, parliamo di generazioni annue. Allora succede che l'onda di piena va avanti e dietro però c'è poco. Quindi non si può all'improvviso bloccare la natalità, perché si crea un vuoto nella struttura della popolazione che inevitabilmente si paga in termini di equilibri. La demografia si muove lentamente e anche le azioni d’intervento devono assecondare il processo di adattamento per evitare scombussolamenti nella struttura."
E' vero che le decisioni degli anni ottanta in Cina e anche l'India erano dettate dal fatto che la loro crescita del prodotto interno lordo che veniva azzerato dalla crescita della popolazione, che andava quindi tenuta in qualche modo sotto controllo...
"Certo, questo è servito. Ma non è solo una questione di numeri, è anche una questione di comportamenti. Se ci fosse un mondo di 8 miliardi persone che consumano come gli americani o gli europei, saremmo veramente nei guai. E' vero che il modello è quello. Anche la Cina piuttosto che l'Africa un giorno sognano di diventare gli Stati Uniti. Però se riuscissimo ad organizzare anche i comportamenti le cose sarebbero diverse. Bisogna quindi vedere come avviene il consumo delle risorse, dell'acqua, l'inquinamento e così via. Se una popolazione si regola anche da questo punto di vista, cercando di stabilire delle regole condivise, probabilmente anche la crescita della popolazione mondiale non diventa un fatto drammatico, è diciamo gestibile. Il vero problema secondo me è l'adeguamento a modelli consumistici eccessivi che non tengono conto delle risorse finite del pianeta."