“La gente qui protesta tutti i giorni contro l’occupazione russa: si va nella piazza centrale sventolando le bandiere e lanciando slogan pro-Ucraina, per dire che non vogliamo la Russia, non vogliamo nessuna guerra russa qui. La gente grida ai soldati di tornarsene a casa, vogliamo mostrare che non vogliamo separarci dall’Ucraina, che vogliamo restare in un paese indipendente: noi siamo ucraini”. A parlare al telefono con Pierre Ograbek, inviato RSI in Ucraina, è Olga, un’abitante di Kherson, città nel sud del paese e a poca distanza da quella Crimea annessa da Mosca nel 2014.
Spiega alla RSI anche la reazione dei soldati russi alle proteste di piazza: “Tengono i loro veicoli attorno alla piazza, non interferiscono ma in un paio d’occasioni hanno fatto esplodere delle granate assordanti. Una volta hanno tentato di portare via un uomo, ma la nostra gente l’ha strappato dalle loro mani. Tentano di spaventarci e tenerci lontani ma noi mostriamo loro che non abbiamo paura; pattugliano la città e poco fa ho sentito un’esplosione qui vicino”.
I soldati russi sono entrati in città ma non stanno dando informazioni o ordini alla popolazione; “penso se ne restino in centro città – continua Olga –, hanno occupato alcuni stabili, ma non controllano l’amministrazione: c’è ancora il sindaco a occuparsi della città. Penso che i soldati stiano aspettando altre truppe o di proseguire ancora. Da quel che so starebbero organizzando qui la loro amministrazione; attorno alla città hanno saccheggiato alcuni negozi e sono anche entrati in alcune case. La situazione è sempre più pericolosa: se organizzassero qui la loro amministrazione potremmo essere completamente intrappolati nelle loro mani. Stiamo aspettando che i nostri soldati ci liberino”.
“Non possiamo fuggire dall’occupazione”
Olga spiega anche che gli abitanti di Kherson non possono per il momento spostarsi, se non per andare nei villaggi occupati dai russi, a sud: “Non possiamo lasciare la città; possiamo fare delle passeggiate e i trasporti pubblici funzionano poco. Dai villaggi vicini arrivano delle verdure e anche noi possiamo raggiungerli, ma non possiamo andare nelle zone non occupate. Non possiamo fuggire dall’occupazione”.
Le autorità cittadine, continua questa abitante di Kherson, “ci danno informazioni veritiere su quanto sta capitando e cercano di far funzionale la città; ci sostengono nelle nostre proteste: non danno ordini di arrenderci e pensano alla nostra sopravvivenza, cercano di organizzare i rifornimenti di cibo, molti negozi sono ora chiusi. Fanno di tutto per mantenere la città pulita e in ordine”.
Nei prossimi giorni continuerete a protestare in modo pacifico? Oppure reagirete in modo violento? “Attualmente ci sono solo proteste pacifiche a Kherson – risponde Olga –, non siamo armati, non abbiamo il sostegno dei nostri soldati, qui non ce ne sono. Non possiamo provocare violenze: ci sparerebbero addosso, bombarderebbero la città. Protestiamo in modo pacifico per mostrare al mondo che Kherson è Ucraina, che non vuole separarsi”.
Per quanto riguarda gli scontri militari, Olga conclude spiegando che: “Durante i primi giorni della guerra ci sono stati violenti combattimenti sul ponte Antonovsky, che ci collega con la parte meridionale della regione. Ci sono stati molti danni e il nostro esercito ha dovuto indietreggiare perché non aveva abbastanza soldati rispetto ai russi, arrivati con facilità dalla Crimea. C’è però stata una grossa battaglia qui a Kherson e attualmente si combatte a Mykolaïv, poco più a nord. Spero che lì sconfiggano i russi e che poi vengano a liberare Kherson: all’inizio le forze non si equivalevano, ma ora siamo più forti e sono sicura che il nostro esercito arriverà presto”.