Nella memoria l’immagine di Alexander Vindman è cristallizzata nella sua uniforme di colonnello dell’esercito mentre, nel novembre 2019, testimonia al primo processo di impeachment contro Donald Trump. Allora questo 46enne dirigeva il Consiglio Nazionale di Sicurezza della Casa Bianca per l’Europa e la Russia e assistette alla telefonata tra il Presidente americano e l’omologo ucraino, Zelensky. Prese la parola per denunciare l’anomalia di quel colloquio in cui Trump vincolava gli aiuti militari all’Ucraina a “un favore personale”, all’apertura di un’indagine sugli affari di Hunter Biden, figlio del suo sfidante alle presidenziali del 2020. La sua testimonianza di patriottismo commosse e strappò un applauso nell’aula delle audizioni.
Due anni e mezzo dopo questo veterano di guerra figlio di un immigrato ucraino è un consulente di intelligence e segue con attenzione l’evolversi del conflitto in Ucraina. “Da mesi sentivo il pericolo di questo conflitto, non è stata purtroppo una sorpresa – ammette – già a novembre era prevedibile un’invasione russa dell’Ucraina e quando ne ho scritto sul New York Times sembrava ancora una guerra evitabile”.
E come figlio di immigrati ucraini (Alexander è arrivato negli Stati Uniti nel 1979 quando aveva quattro anni) come vive Vindman quanto accade in Ucraina? “Penso che vi fosse in me qualcosa di profondo, un sentimento ucraino che si è riacceso, dice Vindman, e ora provo un senso di orgoglio perché gli ucraini sono la mia gente; stanno combattendo per le loro case e per le loro libertà, ma stanno combattendo anche per la libertà americana e per quella europea”. E poi sorridendo allo schermo, l’ex veterano in Iraq aggiunge: “E grazie anche alla Svizzera, ho accettato l’intervista come segno di riconoscenza a voi per aver congelato i conti russi, è stato un grande aiuto”.
Dopo due settimane dall’inizio dell’invasione russa, il mondo è colpito e commosso dal coraggio e l’eroismo ucraino, ma visto il perdurare del conflitto e la disproporzione di forze secondo Vidnman quanto ancora potranno resistere gli ucraini prima di capitolare? Il volto e il tono non tradiscono dubbi: “Per sempre. Quello che è chiaro a questo punto, valutando il campo di battaglia militare, è che la Russia non ha la forza militare per raggiungere i suoi obiettivi politici, spiega. La strategia russa prevedeva una guerra lampo, far cadere la capitale e sostituire Zelensky con un governo fantoccio, ma i russi non stanno avendo nessun successo nei grandi obiettivi di Kharkiv, Kyiv, Odessa, Mykolayiv... E nella loro avanzata per assicurarsi queste città, hanno lasciato esposta la loro logistica, sono rimasti senza supporto e una guerra non la si fa soltanto con le truppe e le armi ma anche con tutti il supporto logistico che permette di avanzare”.
Vindman pare quasi ottimista… Ma il limitarsi alle sanzioni ed armare gli ucraini fino ai denti (n.d.r. il Congresso americano sta per varare un altro pacchetto di aiuti di 12 miliardi di dollari) non rischia di rendere ancor più sanguinoso e doloroso il conflitto? “Fin quando avrà le risorse militari, Putin continuerà la sua campagna, replica il nostro interlocutore. L’unica cosa che può mutare la traiettoria della Guerra è la sconfitta dell’esercito russo. Putin continuerà ad assediare le città, a distruggerle, a bombardarle indiscriminatamente, e l’unico modo per fermarlo è sconfiggere le forze armate russe. E in realtà non dobbiamo fare molto – aggiunge Vindman – perché sono gli ucraini che lo stanno facendo. Tutto quel che dobbiamo fare è fornire del materiale militare aggiuntivo. Dobbiamo aiutare a finire questa guerra rapidamente perché siamo ancora a un livello di "guerra fredda", ma più va avanti può diventare una vera "guerra calda".
Ma dobbiamo aspettarci una guerra lunga, come in Afghanistan, con uno scontro che si trasforma in guerriglia nelle città? “È ancora troppo presto per dirlo, risponde Vindman. Quello che si vede ora non è solo un’asimmetria di forze, ma anche un’asimmetria del morale. Quello degli ucraini è alto. I russi stanno ancora cercando di circondare le principali città, ma il governo ucraino è intatto, i servizi nelle città sono ancora disponibili e siamo ancora lontani da un conflitto che si trasformi in guerriglia”.
Ma non c’è il rischio di provocare ulteriormente il Cremlino e che la guerra si allarghi ulteriormente? Vindman cerca di spiegarmi la diversa mentalità tra “noi occidentali” e i russi: “Noi diciamo sempre "non prendiamo provvedimenti contro la Russia perché è troppo rischioso, potrebbe danneggiare il nostro rapporto"... ma dimentichiamo che per la mentalità russa questa inazione è un'opportunità. Putin ne ha sempre approfittato, agitando davanti agli occhi occidentali possibili speranze e minacce”.
Il presidente ucraino a più riprese ha chiesto alla NATO di proteggere i cieli ucraini realizzando una No Fly Zone. Un coinvolgimento temuto dagli Stati Uniti perché implicherebbe un’escalation del conflitto. “Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare – premette Vindman – aver presente il grande quadro, non limitarci ai piccoli passi. Decisioni che oggi possono sembrare rischiose sono comunque più facili di decisioni che potremmo dover prendere fra una o due settimane. Possiamo aiutare gli ucraini a realizzare una No-Fly Zone, mi dice, armandoli con le sofisticate competenze di difesa aerea di cui hanno bisogno per impedire agli aerei russi di volare sulle loro città”.
Ma non ci sono altre vie, un “piano B”, per convincere Putin a fermarsi? “Pensiamo sempre a cosa fare per influenzare Putin, quali via d'uscita o come permettergli di salvare la faccia, ma non spetta a noi offrirglielo... Spetta a Putin indicare a cosa è disposto e a noi valutare... Noi dovremmo probabilmente concentrarci di più su ciò che vogliamo fare per l'Ucraina, che è un nostro partner disponibile e non invece a ciò che potremmo fare con la Russia, dove non abbiamo molta voce in capitolo”.
A Vindman, testimone al primo processo di impeachment di Donald Trump dopo aver assistito al tentativo di vincolare gli aiuti americani all’Ucraina nel 2019m, un’ultima domanda: due anni e mezzo dopo, quale fu la conseguenza di quel tentativo? “Ha reso l'Ucraina tossica o radioattiva per la classe politica statunitense e ha gravemente danneggiato il sostegno bipartisan di cui l'Ucraina tradizionalmente godeva da parte dei repubblicani e democratici, dice laconico. In particolare i repubblicani – che erano i più “falchi” (interventisti) e vicini all’Ucraina – sono svaniti…” E questa invasione russa in Ucraina che conseguenze avrà su Trump? “Ricordiamo il suo sostegno a Putin. Oggi è più chiaro cosa Trump ha rappresentato, i danni che ha causato e credo – chiosa Alexander Vindman – che a lungo termine quanto sta accadendo peserà, indebolirà Trump e il “Trumpismo”, anzi potrebbe benissimo segnare la fine per Trump e il Trumpismo”.
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