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Putin è arrivato a Pechino

Il presidente russo è impegnato in una visita di Stato di due giorni su invito del suo omologo cinese Xi Jinping - Saldare i legami con la Cina è cruciale per la guerra di Mosca in Ucraina

  • 15 maggio, 22:48
  • 15 maggio, 22:56
Il presidente russo Vladimir Putin

Il presidente russo Vladimir Putin

  • Keystone
Di: ATS/RSI Info

Il presidente russo Vladimir Putin è arrivato a Pechino nella notte. Lo riferiscono l’agenzia statale cinese Xinhua e la russa Tass. Il leader del Cremlino è impegnato in una visita di Stato di due giorni su invito del presidente cinese Xi Jinping.

Putin arriva in Cina per saldare i legami con Pechino, cruciali per la sua guerra in Ucraina. E si presenta avanzando scenari da negoziati di pace e lodi personali all’omologo Xi Jinping, un “leader saggio e visionario”, dopo averlo già definito ad aprile un “amico” e un “vero uomo”, capace di svolgere “un ruolo speciale e di primo piano nello sviluppo delle relazioni bilaterali”.

“Non ci siamo mai rifiutati di negoziare - ha detto lo Zar in un’intervista scritta all’agenzia Xinhua alla vigilia del vertice numero 43 tra i due leader -. Stiamo cercando una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto con mezzi pacifici. Siamo aperti al dialogo sull’Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, compreso il nostro”. E poi: “Lodiamo l’approccio della Cina per risolvere la crisi in Ucraina. Pechino è ben consapevole delle sue cause profonde e del significato geopolitico globale”.

“Se Putin mostrasse interesse a impegnarsi seriamente nei negoziati, sono sicuro che gli ucraini risponderebbero”, ha tagliato corto il segretario di Stato USA Antony Blinken, recatosi ieri a sorpresa a Kiev.

Il viaggio di due giorni di Putin, fino a venerdì, ha un significato simbolico oltre che pratico. Segna il primo viaggio all’estero (e il secondo a Pechino in sei mesi) dall’insediamento per il suo quinto mandato, rispecchiando la decisione di Xi di fare di Mosca la prima destinazione estera a marzo 2023 dopo il terzo e inedito mandato al vertice della Repubblica popolare.

Per Xi e Putin i loro summit sono la prova di forza contro gli ostacoli dell’Occidente agli autocrati: il capo del Cremlino va in Cina dopo i segretari Usa al Tesoro Janet Yellen e di Stato Blinken, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, tutti in pressing sulle controparti cinesi per l’export del Dragone che aiuta la base industriale-difensiva russa. Temi appena ribaditi a Xi dal presidente Emmanuel Macron a Parigi.

Dall’inizio della guerra i legami economici e finanziari sino-russi si sono più che intensificati: l’interscambio commerciale è salito al record di 240 miliardi di dollari nel 2023, aiutando Mosca ad assicurarsi l’accesso a macchinari, attrezzature e beni con potenziali applicazioni militari.

Pechino non ha mostrato l’intenzione di cambiare postura, anche se è stata invitata alla conferenza di pace sull’Ucraina che si terrà in Svizzera a giugno, insistendo per negoziati che coinvolgano tutte le parti. Mosca, escludendo l’adesione, vede l’evento come un tentativo di isolarla.

Dalla prospettiva mandarina, la visita di Putin è “una conclusione logica del viaggio di Xi in Europa: Francia “autonoma”, Serbia “servile”, Ungheria “come cavallo di Troia” nell’Ue, ha notato Jakub Jakobowski, a capo del desk China del Centre for Eastern Studies (Osw).

Insomma, un’altra spallata verso il mondo multipolare e i “cambiamenti epocali che stiamo guidando” per un “nuovo ordine mondiale”, secondo la conversazione strappata dalle telecamere tra Xi e Putin a Mosca nel 2023.

Lo Zar si presenta a Pechino col nuovo team per l’economia di guerra: l’ex ministro della difesa Serghei Shoigu, ora segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale, e il successore, l’economista Andrei Belousov, con solide connessioni con i vertici cinesi. Il focus, tra l’altro, sarà su infrastrutture (il gasdotto Power of Siberia 2) e attività transfrontaliere dopo le minacce degli USA alle banche cinesi.

Se Putin ha gli interessi contingenti della guerra, Xi ha obiettivi di lungo termine: ha bisogno di prendere tempo perché l’industria mandarina centri l’autosufficienza tecnologica. E deve risolvere il nodo Taiwan e la stretta degli USA nell’Indo-Pacifico. Tra l’ondata di dazi (quelli americani sulle e-car made in China) e l’insofferenza crescente dell’Ue, le sue doti di equilibrista hanno margini sempre più stretti.

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