"Non sono rimasta in silenzio": la dirigente birmana e già premio Nobel per la pace Aung San Suu Ky si è difesa mercoledì, durante una conferenza stampa congiunta con il segretario di Stato americano Rex Tillerson, dalle accuse di non aver preso posizione in merito alle violenze perpetrate dall’esercito sulla minoranza musulmana dei Rohingya. Oltre 600'000 persone appartenenti a questa comunità sono fuggite negli ultimi due mesi e mezzo in Bangladesh dopo lo scoppio delle violenze.
Molti sono fuggiti e vivono in campi profughi in Bangladesh
Il capo della diplomazia a stelle e strisce ha da parte sua affermato di essere contrario ad eventuali sanzioni contro il Myanmar, chiedendo tuttavia l’istituzione di un’inchiesta indipendente e “credibile” in merito alle accuse di pulizia etnica mosse contro le forze armate. “Sanzioni economiche globali non sono uno strumento che raccomanderei, le considereremo, ma con prudenza, al mio rientro a Washington”.
Prima di incontrare Aung San Suu Ky, Tillerson ha discusso bilateralmente con il capo dell’esercito birmano, il generale Min Aung Hlaing.
RG delle 12.30 del 15.11.17; il servizio di Loretta Dalpozzo
RSI Info 15.11.2017, 13:03
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Volti della diaspora Rohingyia
ATS/ludoC