Il periodico statunitense The Atlantic ha pubblicato per esteso mercoledì i contenuti della chat sensibile tra esponenti di spicco dell’amministrazione Trump nella quale era stato erroneamente inserito il suo caporedattore Jeffrey Goldberg. La decisione della testata è giunta alla luce delle reazioni aggressive al limite dello scomposto dei fedelissimi di Trump coinvolti nella conversazione online, in primis il capo del Pentagono Pete Hegseth, il responsabile della sicurezza nazionale (e colui che ha invitato Goldberg nella chat) Mike Waltz, oltre allo stesso Donald Trump che ha avuto parole rabbiose contro il reporter.
Sulla base delle dichiarazioni proferite dai membri del “cerchio magico” del presidente e degli attacchi che Jeff Goldberg si è visto indirizzare nelle ultime 48 ore (e questo benché proprio lui abbia avuto accortezza, amor patrio e professionalità tali da decidere di non pubblicare tutto il contenuto delicatissimo della chat), il periodico ha pubblicato appunto nel primo pomeriggio di mercoledì l’intero contenuto di quanto era stato messo per iscritto.
Così, se martedì un inviperito Hegseth aveva affermato davanti alle telecamere che “nessuno aveva inviato messaggi di piani di guerra”, chiudendo la porta a ogni precisazione con un rigido “non ho altro da dire a questo riguardo”, The Atlantic ha svelato che la falla nella sicurezza nazionale sembra essere di grandi dimensioni.
The Atlantic ha così deciso di far capire l’ampiezza della situazione e le possibili conseguenze per la sicurezza nazionale americana: “Le dichiarazioni di Hegseth, Gabbard, Ratcliffe e Trump, unite alle affermazioni di numerosi funzionari dell’amministrazione secondo cui stiamo mentendo sul contenuto dei testi, ci hanno portato a credere che le persone dovrebbero vedere i testi per giungere alle proprie conclusioni”, scrivono i giornalisti in un articolo online.
Nel servizio si legge: “Gli esperti ci hanno ripetuto più volte che l’uso di una chat di Signal per discussioni così delicate rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale. Per esempio, Goldberg ha ricevuto informazioni sugli attacchi due ore prima dell’inizio previsto dei bombardamenti sulle postazioni Houthi. Se queste informazioni, in particolare gli orari esatti in cui gli aerei americani sarebbero decollati per lo Yemen, fossero finite nelle mani sbagliate in quel periodo cruciale di due ore, i piloti americani e altro personale americano avrebbero potuto essere esposti a un pericolo ancora maggiore di quello che avrebbero affrontato normalmente”.

Jeffrey Goldberg in una fotografia del 2019
Lo staff di The Atlantic segnala in proposito che “l’amministrazione Trump sostiene che le informazioni militari contenute in questi testi non erano classificate, come di solito avviene, anche se il presidente non ha spiegato come è giunto a questa conclusione”, ma la realtà è che informazioni militari così precise e delicate non possono non essere classificate.
The Atlantic evidenzia quindi che “gran parte della conversazione nel ‘gruppo ristretto del PC Houthi” riguardava i tempi e le motivazioni degli attacchi agli Houthi e conteneva osservazioni di funzionari dell’amministrazione Trump sulle presunte carenze degli alleati europei dell’America. Ma il giorno dell’attacco - sabato 15 marzo - la discussione ha virato verso l’aspetto operativo”.
L’operazione nei dettagli
Proprio Pete Hegseth, che ha severamente sminuito tanto i contenuti della chat quanto la professionalità e l’etica giornalistica di Goldberg, ha postato nella chat dettagli tanto precisi quanto sensibili: “11.44 ora della Costa orientale (ET). Il tempo è favorevole. Abbiamo appena confermato al CENTCOM che siamo pronti per il lancio della missione”. Il CENTCOM è il comando militare operativo per il Medio Oriente. Il testo di Hegseth prosegue poi segnalando gli orari precisi delle varie operazioni: “12.15 ET: Lancio degli F-18 (1° pacchetto d’attacco)”.
“13.45 ET: inizia la prima finestra d’attacco dell’F-18 ‘Trigger Based’ (il terrorista bersaglio è nella sua posizione nota, quindi dovrebbe essere in orario - inoltre, vengono lanciati i droni d’attacco (MQ-9)”. Poco dopo, il vicepresidente J. D. Vance ha scritto un messaggio all’intero gruppo: “Dirò una preghiera per la vittoria”.
Atlantic spiega quindi: “Questo messaggio Signal mostra che il segretario alla Difesa degli Stati Uniti ha inviato un messaggio a un gruppo che comprendeva un numero di telefono a lui sconosciuto - il cellulare di Goldberg - alle 11:44 del mattino, 31 minuti prima del lancio dei primi aerei da guerra statunitensi e due ore e un minuto prima dell’inizio di un periodo in cui si prevedeva che un obiettivo primario, il ‘terrorista bersaglio’ Houthi, sarebbe stato ucciso da questi aerei americani”.
Su tali basi, si rimarca, “se questo testo fosse stato ricevuto da qualcuno ostile agli interessi americani - o da qualcuno semplicemente indiscreto e con accesso ai social media - gli Houthi avrebbero avuto il tempo di prepararsi a quello che doveva essere un attacco a sorpresa alle loro roccaforti. Le conseguenze per i piloti americani avrebbero potuto essere catastrofiche”.

USA: imbarazzo per la fuga di notizie
Telegiornale 25.03.2025, 20:00