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Stati "obesi" d'America

Gli americani e il cibo: tra “food deserts”, discriminazione e innovazione

  • 24 agosto 2017, 08:58
  • 6 settembre 2023, 05:18
Uno statunitense su tre è nettamente sovrappeso

Uno statunitense su tre è nettamente sovrappeso

Negli Stati Uniti un adulto su tre è obeso e le cattive abitudini alimentari hanno un impatto enorme sui costi della sanità: oltre 200 miliardi di dollari all’anno. Ma il rapporto tra gli americani e il cibo va ben al di là dell’insaziabile passione per hamburger, patatine fritte e bevande zuccherate. L’accesso a cibi freschi e di qualità dipende infatti da una pluralità di fattori: il reddito, il luogo in cui si vive, l’appartenenza razziale.

La percentuale di obesi è in costante crescita

La percentuale di obesi è in costante crescita

  • rsi

Le statistiche lo dimostrano: l’obesità riguarda soprattutto ispanici e afroamericani che vivono nei cosiddetti “food deserts”, intere aree o quartieri dove l’unico cibo disponibile è quello “spazzatura” offerto dalle catene di fast-food. Conseguenza: l’insicurezza alimentare colpisce una famiglia su sei.

Obesità, una questione razziale

Obesità, una questione razziale

  • rsi

Insomma, negli Stati Uniti il cibo sembra essere diventato una delle nuove frontiere della discriminazione. E proprio per cercare di risolvere il problema dell’ingiustizia alimentare uno dei fenomeni emergenti è quello dell’agricoltura urbana, una pratica che vuole integrare metodi innovativi di produzione ortofrutticola in ambienti densamente urbanizzati. Ecco allora sorgere coltivazioni idropiche in container oppure serre costruite sui tetti di palazzi e grattacieli. Oppure, ancora, piccoli orti all’interno delle scuole, dove insegnare ai bambini a conoscere frutta e verdura. E – soprattutto – a consumarla, in alternativa a cibi inutilmente calorici e grassi.

Una cosa è certa: tra discriminazione, educazione al gusto e innovazione, quello tra gli Americani e il cibo è un rapporto complesso che riproduce le molte contraddizioni della società statunitense, come ci raccontano i corrispondenti della RSI dagli Stati Uniti: Andrea Vosti ed Emiliano Bos hanno raccolto immagini, interviste e storie in diversi luoghi: da New York al Mississippi (lo stato più obeso d’America) a Memphis, passando per la capitale Washington.

Mississippi, lo Stato più obeso


Fuga dal profondo Sud

Negli Stati "Obesi" d’America c’è uno Stato più sovrappeso di tutti gli altri: il Mississippi. Al suo interno, la contea di Jefferson ha numeri che la rendono unica. Il 49% della popolazione pesa troppo. E l’86% degli abitanti sono afro-americani. Siamo andati a Fayette, il capoluogo di questa contea. Percorriamo un nastro d’asfalto tra colline verdi per arrivarci. Due stazioni di servizio, un supermercato senza reparto per il cibo fresco, un fast-food. E tanta desolazione. Ecco perché in quest’angolo obeso d’America c’è persino una delle percentuali più alte di "malnutrizione". Il problema non è che manchi il cibo, certo. Si mangia male, malissimo. Con conseguenti picchi di diabete e malattie cardiovascolari. Chi può, abbandona questo profondo sud degli States. Vediamo un sacco di casette di legno in vendita o con assi inchiodate sulle porte. Priscilla Houston invece è tornata qui, dopo aver studiato fuori città. È lei a guidarci dentro la sua comunità, dandoci appuntamento nell’unico fast-food di Fayette.

RG 12.30 del 21.08.2017 Il reportage di Emiliano Bos

RSI Salute 21.08.2017, 13:19

Food deserts, i deserti del cibo

Raymond Blanks vive ad Anacostia, il quartiere più povero della capitale Washington. Impiegato in pensione, ogni settimana fa un viaggio di due ore in autobus per fare la spesa poiché nel suo quartiere non ci sono supermercati che vendono prodotti freschi. Sono i cosiddetti "food deserts", dove l’unico cibo disponibile è quello "spazzatura" offerto dalle catene di fast-food, simboli di un problema peculiare della società americana: l’insicurezza alimentare.

Americani e cibo

Telegiornale 21.08.2017, 22:00

Memphis, un "deserto di cibo"

A decidere il menu è il reddito

La musica dal vivo di Beal Street, uno splendido "percorso vitae" lungo il sonnacchioso Mississippi, le "glorie" di Elvis nella sua Graceland in periferia. A prima vista Memphis non mostra subito i suoi "food desert": questi “deserti” di cibo fresco bisogna andare a cercarli. Leggere le statistiche e parlare con le persone. Come la signora Phillis Summerville, un’afro-americana in pensione che dà una mano al "Green Machine Food Market": un autobus speciale che porta in giro verdura e cibo fresco. Non è vero che agli americani piacciono solo hamburger, pollo fritto e patatine. Spesso non hanno alternative. A decidere il menù è il reddito. Che spesso impedisce un’alimentazione sana. Oppure, è la distanza da un supermercato dove trovare frutta e verdura. Proprio come a Memphis, dove in almeno 20 zone è quasi impossibile acquistare alimenti di qualità. A volte basterebbe un’auto per raggiungere un punto vendita. Ma per le fasce più povere, è troppo lontano e troppo caro. Il junk-food, il cibo-spazzatura, invece è sempre accessibile e a prezzi abbordabili. La signora Phillis – insieme ad altri volontari della storica chiesa "St. Patrick Church" – porta il cibo fresco a chi non potrebbe andare a prenderselo. Un’idea semplice. Ma che cambia, appunto, il menù. E la vita.

RG 12.30 del 22.08.17 Il reportage di Emiliano Bos

RSI Mondo 22.08.2017, 15:56

Agricoltura urbana: il modello di New York

Coltivazioni idroponiche, serre sui tetti dei palazzi, mini-fattorie “fai-da-te”: l’agricoltura urbana e’ uno dei fenomeni emergenti nella lotta contro l’insicurezza alimentare negli Stati Uniti. Attività agricole in contesti cittadini che approfittano delle innovazioni tecnologiche e che molti considerano la risposta ai futuri bisogni alimentari di una società sempre più urbanizzata.

Americani e cibo, seconda puntata

Telegiornale 22.08.2017, 22:00

Bronx, l'insalata di Steve


Migliorare la qualità del cibo migliora il futuro dei giovani

Un vistoso farfallino di legno indossato sulla camicia. La sua enorme caricatura dipinta su una parete dell’aula. E un libro che racconta la sua idea, diventata realtà in tantissime scuole d’America. Innovatore, dinamico, appassionato: Steve Ritz sta cambiando il futuro di un sacco di bambini, dopo che il destino gli ha portato via suo figlio. Incontriamo questo insegnante nella scuola del South Bronx dove la sua rivoluzione verde ha la forma di insalata fresca coltivata su piccole torri girevoli. E poi nell’orto schiacciato tra l’ingresso e la recinzione della "Community School 55", nel distretto elettorale più povero degli Stati Uniti. Questa à una "comunità a rischio", con livelli elevati di disoccupazione e delinquenza giovanile. La ricetta – secondo Steve Ritz – è quella giusta: migliorare la qualità del cibo per migliorare il futuro di questi ragazzi. "Coinvolgiamo anche genitori, nonni, amici e famiglie: dalla scuola le verdure arrivano anche a casa" racconta con entusiasmo. L’ex-biblioteca al quarto piano dell’edificio scolastico è diventata una moderna serra. Qui Steve insegna ai ragazzi a conoscere frutta e verdura. E soprattutto a curare l’alimentazione. Oggi rapanello e barbabietola da aggiungere all’insalata coltivata qui. Non è comunque l’unico "orto urbano" del Bronx. Ce ne sono altri. Come il "Brook Park", alla 140esima strada. Dove vediamo anche le galline che Lily Kesselman cura con passione insieme ad altri volontari. E dove – nella Grande Mela – per un attimo si sente il profumo della natura.

RG 12.30 del 23.08.17 Il reportage di Emiliano Bos

RSI Mondo 23.08.2017, 15:06

Educazione al gusto: bambini in fattoria

Da sette anni la sezione di New York dell’associazione Slow Food organizza dei programmi educazionali per insegnare ai ragazzi dei quartieri poveri della città l’importanza di una sana alimentazione. Cinque giorni in una fattoria di Brooklyn, immersi nel verde, tra galline, pomodori e insalate, per imparare a conoscere i rischi del cibo “spazzatura” e ricevere una vera e propria educazione al gusto.

Slow Food negli USA

Telegiornale 23.08.2017, 22:00

Andrea Vosti ed Emiliano Bos

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