Dopo la ritirata ucraina da Kursk, la regione russa occupata dalle truppe russe per sette mesi, un nuovo fronte potrebbe presto aprirsi nell’Ucraina nordorientale. La città di Sumy, a meno di 30 chilometri dal confine, è in prima linea.
“L’esercito russo si sta ammassando nei pressi del confine – ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky – Questo indica il desiderio di colpire la città di Sumy”. Zelensky smentisce con forza che ci siano migliaia di soldati ucraini pronti ad arrendersi nel Kursk. “I russi vogliono circondare i nostri soldati, ma vogliono farlo sul suolo ucraino”, ha detto.
Analisti militari e gli stessi soldati ucraini a Sumy sono d’accordo: la ritirata da Kursk è stata difficile, molto equipaggiamento è stato abbandonato e ora gli ucraini controllano soltanto una sottilissima striscia di territorio russo. “La situazione è difficile, molto difficile”, ci dice Oleh, un soldato venuto in città a caricare dell’acqua da portare alla sua postazione. Ma il problema non è il rischio di essere accerchiati in Russia, bensì quello di un attacco su Sumy.
Per evitarlo, numerosi rinforzi sono arrivati nella regione. Sumy è piena di soldati ucraini, che hanno riempito tutti gli alberghi e gli affittacamere. Molti veicoli militari espongono il triangolo bianco che identifica le unità che hanno partecipato alla battaglia di Kursk. Ma nonostante l’arrivo di truppe fresche, la situazione rimane tesissima e gli alti comandi hanno proibito ai giornalisti l’accesso alla prima linea.
Centinaia di persone che vivono lì e che ora vengono portate via sotto il tiro di droni e bombe plananti.
Katerina Arisoy, direttrice del centro per rifugiati Pluriton
Nel frattempo, la Russia cerca di ostacolare gli ucraini bombardando quotidianamente la città. Le notti sono rischiarate dal bagliore dei traccianti dell’antiaerea e dalle esplosioni, mentre di giorno le sirene d’allarme suonano quasi ogni ora.
A Sumy, per il momento, non c’è panico tra i civili e nel soleggiato fine settimana era possibile trovare famiglie a passeggio nei parchi o nel centro commerciale della città. Ma a poche decine di chilometri di distanza, migliaia di civili stanno venendo evacuati.
“In due province a nord di Sumy è stata ordinata l’evacuazione di tutti i villaggi perché le ostilità si sono intensificate, le truppe russe hanno superato il confine e questi villaggi sono costantemente bombardati – dice Katerina Arisoy, direttrice del centro per rifugiati Pluriton –. Ma ci sono ancora centinaia di persone che vivono lì e che ora vengono portate via sotto il tiro di droni e bombe plananti.”
Arisoy spiega che soltanto nel loro centro, negli ultimi mesi, hanno visto transitare oltre 12mila rifugiati in fuga dalle zone di confine, dove gli attacchi russi si sono fatti sempre più minacciosi.
Iura, 62 anni, è uno di loro. Una settimana fa è riuscito a scappare da Myropillia, un villaggio a circa un chilometro dal confine. “Circa un mese fa la situazione nel mio villaggio è molto peggiorata. Gli attacchi sono aumentati e una bomba planante russa ha colpito una palazzina di due piani, uccidendo due persone. Allora ho deciso di andarmene”, racconta.

Iura si è dovuto mettere in salvo da solo. Senza automobile e con i servizi bus sospesi, ha dovuto camminare per dieci chilometri prima di trovare un passaggio per raggiungere Sumy.
Tamara, 85 anni, e suo marito, Vladislav, 88, si trovano nel rifugio dallo scorso agosto, quando l’offensiva ucraina a Kursk li ha costretti a lasciare il villaggio dove avevano trascorso tutta la loro vita. “Ora lì non c’è più niente, niente – dice Tamara – Né una casa, né una persona, né un animale.” Tamara è sicura che non rivedranno mai più la loro abitazione.

Putin non accetterà mai la pace. Ho visto cosa ha fatto dal 2014 e non ho nessuna speranza che voglia davvero la pace
Svetlana Ivanova, rifugiata ucraina
Ma Sumy, considerata fino a poco tempo fa una città relativamente sicura, ospita rifugiati che hanno trascorso qui gran parte della guerra. Svetlana Ivanova è arrivata a Sumy da Mariupol, la città circondata dai russi e distrutta nei primi mesi dell’invasione dell’Ucraina. “Sono arrivata nella regione di Sumy il 9 maggio, nel villaggio di Slavgorod, dove vive mio cugino, ma anche lì c’erano bombardamenti. Vedendo la situazione ho detto: ‘Non riuscirò a sopravvivere una seconda volta’, e così dei volontari sono venuti a prendermi e mi hanno portato in questo centro”.

Ora, però, anche Sumy rischia di finire di nuovo al centro delle ostilità. Le chiediamo se le trattative tra Trump e Putin su un cessate il fuoco le diano speranza. “No. Non ci credo più – risponde –. Putin non accetterà mai la pace. Ho visto cosa ha fatto dal 2014 e non ho nessuna speranza che voglia davvero la pace”.