Analisi

Transnistria: un nuovo “hot spot” per la Russia

Il piccolo Stato non riconosciuto ha chiesto “aiuto” a Putin e potrebbe diventare una testa di ponte del Cremlino sul fronte occidentale

  • 29 febbraio, 05:34
  • 29 febbraio, 21:06

La Transnistria chiede aiuto a Mosca

Telegiornale 29.02.2024, 20:00

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli

La Transnistria, piccolo Stato non riconosciuto dalla comunità internazionale e appartenente de iure alla Moldova, ha chiesto protezione alla Russia. La decisione è stata approvata a Tiraspol, capoluogo della repubblica indipendente dagli anni Novanta e separatasi dopo una breve guerra da Chisinau. La leadership filorussa del paese, grande una volta e mezza il Ticino, ha sollevato diverse accuse di presunte pressioni esterne, principalmente proprio dalla Moldova, tese alla destabilizzazione. Sa un lato Mosca ha già fatto sapere la questione di Tiraspol e della protezione dei cittadini russi è una priorità, dall’altro la presidente filoccidentale della Moldova, Maia Sandu, si è detta impegnata per una risoluzione pacifica della crisi.

Appello al Cremlino

La domanda ufficiale inviata al Consiglio della Federazione russa e al parlamento a Mosca, in sostanza al Cremlino e a Vladimir Putin, è quella per il sostegno agli oltre 200’000 cittadini di etnia russa che abitano la regione. Sulla riva sinistra del fiume Dnester, al confine con l’Ucraina, abitano in totale quasi mezzo milione di persone. Tiraspol ha anche chiesto alla CSI, la Comunità degli Stati indipendenti che raccoglie varie repubbliche ex sovietiche, di adoperarsi per evitare un’escalation nel territorio, già sottoposto a pressioni dopo l’inizio della guerra su larga scala tra Mosca e Kiev. Inoltre ha fatto appello a tutti i membri che partecipano al processo di pacificazione nel formato 5+2, ora congelato, di riprendere le iniziative per la risoluzione definitiva del conflitto. Oltre a Transnistria e Moldova, il gruppo conta anche la Russia, l‘Ucraina e l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa.

Le radici del conflitto

La Transnistria si è proclamata indipendente già dal 1990 e dal 1992, dopo una breve guerra con la Moldova, è di fatto separata, sotto la tutela di Mosca. La sua storia è simile a quelle di altre repubbliche ex sovietiche che dopo il crollo dell’URSS hanno dovuto affrontare conflitti interni simili. Da una parte nel Caucaso gli esempi sono stati quelli della Georgia, con le ribellioni separatiste in Ossezia del Sud e Abcasia, rinfocolatesi nel 2008 con la guerra fra Tbilisi e Mosca, e del Nagorno Karabakh, regione contesa tra Armenia e Azerbaijan, che dopo un conflitto a corrente alternata durato oltre trent’anni si è concluso nel 2023 con il ritorno sotto il controllo di Baku. Dall’altra parte, nel cuore dell’Europa, la situazione fra Transnistria e Moldova per tre decenni è stata relativamente tranquilla e il conflitto è rimasto congelato. A Tiraspol vi è sempre stata una guida filorussa, prima lo storico leader Igor Smirnov (1991-2011), poi Evgeny Shevchuk (2011-2016) e ora Vadim Krasnoselsky; i legami con Mosca sono sempre stati molto stretti, con la presenza anche di un piccolo contingente militare russo, circa 2000 soldati, nella base di Tiraspol.

Gli sviluppi dopo l’invasione russa

La guerra su larga scala tra Russia e Ucraina ha bloccato il processo di pacificazione nel formato 5+2, che stava comunque andando a singhiozzo, e soprattutto fatto della Transnistria un nuovo hot spot per la Russia anche in chiave militare e strategica. Tiraspol si trova a una manciata di km dal confine ucraino e circa a un centinaio da Odessa, il grande porto commerciale sul Mar Nero già finito sotto gli attacchi missilistici russi, soprattutto nei primi mesi di guerra. A livello teorico una delle opzioni del Cremlino è stata sin dall’inizio del conflitto quella di allungare il corridoio già sotto il proprio controllo dal Donbass alla Crimea proprio fino alla Transnistria e alla Moldova. Alla fine del 2022, dopo il ritiro russo da Kherson e l’abbandono dell’iniziativa offensiva sul fronte meridionale, gli attacchi russi si sono concentrati sugli obbiettivi strategici, da quello militari alle infrastrutture energetiche. Odessa è rimasta fuori dal piano dell’invasione. Il quadro però ora è cambiato e accanto all’avanzata nel Donbass e alle difficoltà ucraine il Cremlino sembra aver intenzione di voler allargare il campo della pressione, anche se non direttamente sul terreno, ma adesso solo a livello geopolitico: la Transnistria come testa di ponte russa sul fronte occidentale.

Telegiornale - Speciale: due anni dall’invasione dell’Ucraina

Telegiornale 24.02.2024, 20:00

Correlati

Ti potrebbe interessare