Dieci anni fa, il 17 dicembre 2010 un venditore ambulante di nome Mohamed Bouazizi si diede fuoco in Tunisia per protesta contro miseria e vessazioni della polizia. Fu la miccia che scatenò la cosiddetta primavera araba: un moto di ribellione che si diffuse in tutto il Nord Africa, in Medio Oriente e fino allo Yemen.
Dieci anni dopo siamo tornati lì, da dove tutto è partito, in Tunisia. Dove diverse nuove proteste, in molte città, stanno accompagnando questo anniversario. La gente che scende in piazza chiede maggiori diritti economici e sociali.
Le proteste sono arrivate anche a Tunisi, nella centralissima Place de la Kasbah. "Siamo laureati disoccupati. Manifestiamo dall'ottobre 2019. E oggi chiediamo in maniera pacifica che lo Stato tunisino applichi la legge che protegge il nostro diritto all'impiego nella funzione pubblica. Ho tre sorelle diplomate e ed un padre ed una madre che hanno un'educazione scolastica, ma purtroppo non abbiamo trovato i nostri diritti nel nostro paese", ci dice una manifestante.
La rivoluzione del 2010 ha portato istituzioni democratiche e libertà individuali, ma questo non basta ancora per fare della Tunisia una democrazia solida. Diverse questioni sono rimaste sospese: la situazione dei diritti dell'uomo, le violenze delle forze dell'ordine che non si sono mai fermate, la corruzione e la crisi economica che oltretutto si è rafforzata a causa della pandemia di coronavirus.