L’Unione europea intende stanziare sei miliardi di euro (5.74 miliardi di franchi) per aiutare i paesi del Balcani occidentali a proseguire sulla strada delle riforme necessarie per integrarsi nell’UE. Lo ha detto da Skopje, la capitale della Macedonia del Nord, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, alla prima tappa di un tour della regione che anticipa di pochi giorni la pubblicazione – prevista per l’8 novembre - dei rapporti con cui la Commissione valuta ogni anno i progressi che i paesi candidati hanno fatto verso l’ingresso nell’UE.
“Le riforme porteranno investimenti,” von der Leyen ha detto durante una conferenza stampa accanto al premier macedone Dimitar Kovacevski, spiegando che l’UE mira a raddoppiare il livello medio del PIL regionale, che oggi è al 42% della media UE. In attesa di una integrazione politica che appare ancora lontana - e che secondo molti richiederebbe tra l’altro anche importanti riforme nei processi decisionali della stessa UE – l’intenzione di Bruxelles è integrare la regione in pezzi sempre più ampi del mercato interno europeo: dalle merci ai servizi, passando per trasporti ed energia. I Paesi in questione sono incoraggiati a sviluppare un loro mercato regionale.
Situazione molto diseguale
Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord e Kosovo (quest’ultimo non riconosciuto come Stato indipendente nemmeno da cinque Paesi UE: Spagna, Grecia, Cipro, Slovacchia e Romania) sono tutti in cammino verso l’integrazione europea, ma la loro situazione è molto diversa. Montenegro e Albania sono i più prossimi alla meta e potrebbero entrare a fare parte del blocco tra pochi anni; la Macedonia del Nord è bloccata da dispute bilaterali con la Bulgaria e deve comunque migliorare su questioni come lo stato di diritto e la corruzione. La Serbia ha una politica ambigua, che strizza l’occhio a Bruxelles e a Mosca, e comunque non potrà mai entrare fino a quando non risolverà la questione kosovara. I due paesi in assoluto più lontani dalla meta sono la Bosnia Erzegovina - che ha ottenuto il riconoscimento dello status di paese candidato, ma deve ancora iniziare le trattative ‘ e il Kosovo, che non ha nemmeno quello.
La decisione di Ucraina, Moldavia e Georgia di presentare domanda di adesione (nel caso della Georgia non ancora accettata) ha sollevato il timore nei Balcani di poter essere marginalizzati o superati dai nuovi pretendenti. Inoltre i paesi sono molto esposti alle sirene di Mosca, ma anche di Pechino e Istanbul. L’entusiasmo per l’integrazione nell’UE - meta che pochi anni fa si riteneva raggiungibile in tempi brevi – è in parte scemato e con esso la disponibilità ad accettare il peso delle riforme. L’UE deve dunque recuperare una credibilità e una attrattività che ha in parte perduto.