Una settimana dopo gli scontri mortali in Kosovo, che hanno innescato una delle più gravi escalation da anni a questa parte, un riavvicinamento tra albanesi e serbi sembra ora più lontano che mai. L’omicidio di un poliziotto kosovaro albanese, avvenuto domenica in un’imboscata tesa da un commando paramilitare, e la sparatoria che ne è seguita per tutta la giornata, con la morte di tre membri del commando - serbi del Kosovo - hanno fatto nuovamente accrescere la tensione nei Balcani.
I corpi dei tre serbi uccisi nello scontro sono stati consegnati oggi, sabato, alle loro famiglie a Pristina, secondo la televisione di Stato serba (RTS).
Nel frattempo, venerdì gli Stati Uniti hanno avvertito di “un dispiegamento militare serbo lungo il confine con il Kosovo” senza precedenti e hanno invitato Belgrado “a ritirare le proprie truppe”.
Il Kosovo, lo ricordiamo, era una provincia serba: ha proclamato l’indipendenza nel 2008 ma Belgrado non l’ha mai riconosciuta.
Sequestrato un arsenale
Centoquindici uniformi militari, 75 bombe a mano, sei mitragliatrici e poi kalashnikov, lanciarazzi, esplosivi, mine anticarro e persino un mezzo corazzato: questa è solo una parte dell’arsenale che la polizia kosovara ha scoperto la scorsa settimana nei pressi del monastero serbo ortodosso di Banjska, nella stessa località dove si è consumato lo scontro a fuoco.
L’arsenale rinvenuto era abbastanza per equipaggiare un esercito di 200 persone, ha detto il ministro dell’Interno di Pristina, Gerald Svetlana. Un filmato diffuso dalle autorità kosovare mostrerebbe inoltre l’implicazione anche un politico serbo kosovaro di primo piano tra gli uomini armati attivi a Banjska. La prova, insomma, del coinvolgimento diretto della Serbia. Niente di più falso, ha però risposto Belgrado, secondo cui chi ha agito sono semplici cittadini serbo kosovari stanchi del terrore in cui vivono ogni giorno.
Proprio per questo il presidente serbo Aleksandar Vucic ha chiesto alla missione NATO KFOR di assicurare in futuro l’attività di polizia nel nord del Kosovo, sostituendosi agli agenti di Pristina. Per il momento non ha però ricevuto risposta.
Oggi, intanto, la Serbia ha indetto un giorno di lutto nazionale per i tre uomini armati rimasti uccisi nel nord del Kosovo.
Parte dell'arsenale sequestrato
Ascoltato a Belgrado un organizzatore dello scontro a fuoco
Milan Radoicic, uno dei responsabili politici dei serbi del Kosovo che ha ammesso di aver organizzato e partecipato all’azione del 24 settembre nel nord del Kosovo è stato inoltre ascoltato oggi al ministero dell’interno serbo a Belgrado. In tal modo Radoicic, personaggio noto e controverso della comunità serba in Kosovo, ha risposto all’invito delle autorità di Belgrado di dare la sua versione dei fatti di domenica scorsa.
Ieri Radoicic, tramite il suo rappresentante legale, aveva fatto sapere di aver organizzato il gruppo armato entrato in azione a Banjska, all’insaputa di Belgrado, in risposta alla politica di “terrore” del governo del Kosovo e del premier Albin Kurti contro la popolazione serba locale.
Dopo i fatti di Banjska le forze di polizia kosovare hanno condotto vaste operazioni di controllo e bonifica del territorio, che hanno portato al ritrovamento e sequestro di ingenti quantità di armi e munizioni. Tra gli obiettivi presi di mira anche abitazioni, locali e altre strutture di proprietà di Milan Radoicic, che ieri tramite il suo legale ha annunciato le dimissioni dall’incarico di vicepresidente di Srpska Lista, il maggior partito della comunità serba in Kosovo.