Tra interrogativi, lacune e ambiguità nella piattaforma del Partito Repubblicano, nell’agenda della futura Presidenza di Donald Trump c’è una certezza: il giro di vite sull’immigrazione. A più riprese nella campagna elettorale, il presidente eletto ha promesso espulsioni di massa, che inglese suonano ancor più risolute “mass deportations”. Nella sua unica intervista televisiva dopo l’elezione Trump ha ribadito che i primi a essere espulsi saranno coloro che hanno commesso reati gravi, poi tutti gli altri: “È una cosa molto dura, difficile da fare, - ha ammesso - ma bisogna... ci sono regole, regolamenti, leggi. E loro sono arrivati qui illegalmente”.
Donald Trump intervistato da NBC l’8.12.2024
Negli Stati Uniti oggi vi sono almeno undici milioni di immigrati clandestini. Stima del 2022, per difetto. Una cifra abbastanza costante dalla prima metà del decennio. La maggior parte di loro vive e lavora, ha famiglia con figli che vanno nelle scuole americane: lavorano soprattutto nelle costruzioni e nella ristorazione e, anche alla luce del contributo all’economia, la loro presenza tollerata. Durante la Presidenza Biden il numero degli arrivi al confine sud ha superato la quota di 300’000 al mese (dicembre 2023), mentre il picco massimo sotto Trump fu 150’000 nell’inverno 2019. Per questo grande incremento l’immigrazione è stata il principale tema elettorale.
Le statistiche attestano che gli immigrati, proporzionalmente, commettono meno reati di chi è nato negli Stati Uniti, ma secondo Chuck Jenkins, sceriffo di Frederick – cittadina del Maryland alle porte della capitale – la spiegazione è fuorviante. “Qui da noi se si guarda alle crude cifre degli individui arrestati, spiega al Telegiornale RSI, negli ultimi 16 anni sono stati 2’000 persone arrivate in questa contea che hanno commesso crimini, duemila di troppo, anche perché sempre più spesso di tratta di reati molto violenti”.
L’ingresso illegale nel Paese è un crimine federale: non spetta alle polizie locali (delle contee o degli stati) intervenire quando confrontati con degli immigrati clandestini. L’eventuale espulsione è responsabilità della polizia federale anti-immigrazione, l’ICE [le forze dell’ordine per l’immigrazione e le dogane], e a giudicare dalle prime della futura amministrazione vi è da attendersi un severo cambio di passo.
Chuck Jenkins, sceriffo di Frederick (Maryland)
Un inasprimento che preoccupa chi lavora con gli immigrati e ricorda le misure intraprese durante il primo mandato Trump con tanto di famiglie divise e minori chiusi in gabbia. “Sono tutti molto spaventati, racconta l’avvocata Viviana Westrbrook, - Sono persone che vivono qui da decenni, è casa loro e ora sono minacciati di essere rastrellati e deportati... Non stiamo parlando di bestiame, ognuno deve avere dei diritti”.
Nella sola area urbana di Washington DC, a cavallo tra Maryland e Virginia, abitano – si stima – un mezzo milione di immigrati clandestini. Basta andare in alcuni grandi parcheggi, vicino alle fermate degli autobus o all’esterno di catena per la casa come Home Depot, per incontrarli. Sono perlopiù uomini attendono che il datore di lavoro vengono a prenderli per andare a lavorare nei cantieri. Lavorano a giornata.
Immigrati clandestini latinoamericani in attesa di andare al lavoro
A Tacoma Park, Maryland, quelli incontrati e intervistati dal Telegiornale RSI arrivano soprattutto da Guatemala ed El Salvador. Sono preoccupati, ma affermano di “non aver paura”. Cristobal abita qui da 24 anni e candidamente ammette che in tutto questo lasso di tempo “Grazie a Dio non sono mai stato preso. Non ho commesso crimini, spiega, per questo non ho paura. Se non mi denunciano, non mi toccano”.
Questa è la speranza di tutti i clandestini incontrati. Non temono le deportazioni di Trump: ignoranza o fatalismo? Forse abituati a una vita perennemente in sospeso e sapendo quel che hanno lasciato alle spalle in patria, le incognite future non fanno più paura.