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USA: il razzismo che non muore

Le rivolte per i diritti dei neri, negli Stati Uniti, proseguono da più di cent'anni e sembrano inarrestabili – Alla convention repubblicana, però, c’è chi dice che son tutte storie

  • 25 agosto 2020, 20:44
  • 22 novembre, 18:41
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I colori che dividono

EBU/AP/AFP/Gettyimages/Keystone 25.08.2020, 20:46

Di: Gis 

Gli Stati uniti stanno combattendo tre crisi: la pandemia di coronavirus, la forte disoccupazione e le violenze della polizia accusata di razzismo. È di domenica l’ultimo video shock che ha riacceso le piazze all’insegna del motto “Black Lives Matter”. A Kenosha, nel Wisconsin, un poliziotto, dopo aver afferrato per la maglietta un 29enne afroamericano che cercava di salire sulla propria auto, gli ha sparato alla schiena per sette volte. Testimoni, all'interno della vettura, i suoi tre figlioletti.

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RG delle 08.00 del 25.08.20

RSI Info 25.08.2020, 10:41

  • keystone

Eppure martedì, durante la prima nottata della convention repubblicana, l’ex ambasciatrice all’ONU, Nikki Halley, ha affermato che “l’America non è razzista. Questa è una bugia dei democratici”. Trump junior si è spinto oltre dichiarando che: “Gli Stati Uniti non sono razzisti, i poliziotti sono degli eroi”.

I fatti (il video) e le dichiarazioni che nascono nel medesimo Paese. “Le probabilità che io muoia ucciso da un poliziotto o per il Covid sono le stesse”, erano le parole che Mike Griffin, community organiser nero aveva rivolto al New York Times durante le proteste dopo la morte di George Floyd. I manifestanti sono pienamente consapevoli del fatto che possono essere contagiati ma “lascerò che una malattia mi uccida o che lo faccia il sistema o la polizia?”, aveva affermato l’attivista di colore, Rajikh Hayes.

A confermare che la comunità afroamericana non ha ancora raggiunto l’uguaglianza nella società è la stessa popolazione statunitense. Uno studio di Pew Research Center sostiene che secondo la maggior parte degli adulti americani l’eredità della schiavitù continua. Più di quattro su dieci affermano che il Paese non ha compiuto progressi sufficienti verso l’uguaglianza razziale e c’è un certo scetticismo, in particolare tra i neri, secondo cui loro non avranno mai uguali diritti con i bianchi.

Una mappa del Southern Poverty Law Center - organizzazione non-profit che si occupa del monitoraggio delle attività dei gruppi di “haters” degli Stati Uniti - attesta la presenza di più di 900 gruppi organizzati che inneggiano all’odio razziale del Paese. I dati arrivano fino al 2019.

Persino sui social la questione non è passata innoservata. Su twitter, nel primi sette mesi del 2020, gli hashtag (parole-chiave) più usati erano inizialmente legati al coronavirus, da #andràtuttobene a #iorestoacasa. Da maggio in poi, dopo la morte di George Floyd, l'interesse si è spostato sullo slogan #blacklivesmatter.

Più di cent’anni di lotte e rivolte

Gli Stati Uniti abolirono la schiavitù nel 1865 e per farlo fu necessaria una guerra civile durata quattro anni, tra il Nord abolizionista e il Sud schiavista, che distrusse città e provocò vittime innocenti, si stima che vi furono almeno 620'000 morti.

Questo però non cambiò la situazione di disparità. Nel 1962, nello Stato del Mississippi i neri non potevano frequentare le università dei bianchi. Per far valere i propri diritti ci furono ancora molti scontri e altrettanti morti.

Un lungo cammino che - nonostante il “Civil Rights Act” che nel 1964 dichiarò illegali le disparità tra bianchi e neri - ancora oggi continua.

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