Alexei Navalny potrebbe essere stato ucciso con il Novichok, un agente nervino letale di produzione russa. Almeno questa è l’accusa lanciata da Yulia, la moglie del dissidente morto lo scorso 16 febbraio nel gulag artico di Putin. La salma del 47enne non verrà consegnata prima di 14 giorni, per alcuni un tempo troppo lungo per poter in seguito effettuare analisi tossicologiche.
Un parere condiviso anche da Franco Posa, criminologo ed esperto di medical intelligence. “In linea di principio sì, il tempo latente non è a favore di un’attività tossicologica forense”, dice l’esperto alla RSI.
Franco Posa è uno dei massimi conoscitori in materia, dal suo studio di Sementina ha contribuito a risolvere “cold case” internazionali per molto tempo irrisolti. Quella del Novichok è per ora solo un’ipotesi, ma che va presa sul serio: “L’attività di questo interferente nella neuro-modulazione è conosciuta”, spiega il criminologo. Creata in Russia, “questa sostanza veniva usata nell’agricoltura. Si è poi rivelata utile per provocare una morte, facile da indurre. Molti organi vengono colpiti e la funzione respiratoria è quella che viene compromessa fin dall’inizio, già pochi minuti, a volte addirittura secondi, dopo la sua somministrazione”.
Il Novichok potrebbe essere compatibile con alcuni lividi che, secondo alcuni media, sarebbero stati trovati sul corpo di Navanly. “L’ipotesi, e sottolineiamo ipotesi, è che i lividi possano essere stati provocati da una contenzione meccanica durante le convulsioni iniziali”. Sulla base delle poche informazioni disponibili, Posa si è fatto l’idea che “la probabilità che sia stata usata una sostanza di questo tipo è certamente elevata. Hanno un’esperienza nella somministrazione ormai importante. Gli effetti desiderati sono rapidi e di facile strategia. La sostanza può essere assorbita, inalata, portata alle mucose o deglutita. Inoltre, secondo me, la strategia è quella di non lasciare traccia. Per questo la regina tra le sostanze utilizzabili oggi è quella che stiamo nominando”.
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L’appello della madre a Putin: “Dipende solo da lei”
La madre di Alexei Navalny, Lyudmila, ha diffuso martedì un video con un appello al presidente russo Vladimir Putin perché le sia restituito il corpo del figlio. Il messaggio è stato pubblicato dal team del dissidente morto in carcere. La donna parla all’aperto, sotto la neve, davanti alla colonia penale IK-3, dove stava scontando una pena di 19 anni. “Per il quinto giorno non lo vedo, non mi danno il suo corpo e non mi dicono nemmeno dove si trova. Mi rivolgo a lei, Vladimir Putin - la soluzione del problema dipende solo da lei. Mi faccia finalmente vedere mio figlio. Chiedo che il corpo di Alexei venga immediatamente consegnato in modo che io possa seppellirlo umanamente”. Il video si chiude con l’inquadratura della cupola di una chiesa su cui si erge una croce.
L’UE convoca il rappresentante russo: “Indignati”
Sempre martedì, in serata, il direttore generale del Servizio di Azione Esterna dell’UE per l’Europa orientale, la Russia, l’Asia centrale, Michael Siebert, ha convocato a Bruxelles l’incaricato d’affari della Missione della Federazione russa presso l’Unione europea, Kirill Logvinov. L’Unione europea ha espresso la propria indignazione per la morte di Navalny, la cui responsabilità finale, si sottolinea, ricade sul presidente Vladimir Putin e sulle autorità russe. La Russia è stata invitata a consentire un’indagine internazionale indipendente e trasparente.
Navalny, l'appello della madre
Telegiornale 20.02.2024, 20:00