Il reportage

Ucraina, “A Chernihiv non abbiamo più paura di nulla”

Nella città che ha resistito agli attacchi russi e dove la parola d’ordine per tutti è “ricostruire”

  • 6 aprile, 12:10
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Ucraina, Chernihiv ricostruita

RSI Info 06.04.2024, 11:59

Di: Vincenzo Leone 

I cancelli in ferro hanno resistito alle bombe sganciate dagli aerei russi. Tutto il resto al Bobrovytsya district di Chernihiv è bruciato via. Due ore di viaggio da Kiev, ottanta chilometri dal confine russo, cinquanta da quello bielorusso. Per chi vive qui questa è la “citta delle case in legno”. Villette a schiera che si moltiplicano via via che ci si allontana dal centro della città. Puntavano ad arrivare lì i russi il 24 febbraio del 2022, nel tentativo di piazzare una base logistica, e prendere il controllo dell’autostrada che porta dritti alla capitale. “Questa area è stata attaccata più delle altre, perché è da qui che i russi hanno provato a occupare la città”, racconta la giornalista ucraina Vira Kuryko, che vive a Chernihiv.

Una città da ricostruire

Intorno a lei, una serie di case in ricostruzione si snodano tra i viali in terra battuta di Bobrovytsya, tra vetri ancora sfondati, tetti bruciati e auto carbonizzate. I fori che hanno bucato i cancelli in ferro - racconta Vira – danno il senso di cosa può provocare un ordigno che tocca terra. Segni che raccontano dell’assedio russo, trentanove giorni di raid aerei, incursioni con mezzi pesanti e occupazione con truppe e soldati. Sono passati due anni – i russi sono andati via i primi giorni di aprile del 2022 - e tutti qui hanno una storia sulla guerra da raccontare. “Entravano in tutte le case, cercavano soldati, distruggendo tutte le cantine”, racconta Kateryna Lytvyn, vicecapa del Dipartimento della cultura di Chernihiv. “Controllavano ogni persona, li facevano spogliare, cercavano tatuaggi riconducibili all’esercito”, prosegue mostrando su uno schermo una mappa della città e dell’area intorno con tutti i luoghi dove è stata segnalata la presenza di russi. Insieme al suo team si occupa di documentare e raccogliere le testimonianze di chi a febbraio 2022 è rimasto in città, 214 interviste per costruire uno storico dei crimini di guerra accaduti qui. Persone sequestrate e tenute per giorni dentro uno scantinato, occupazioni di case, esecuzioni sommarie, raid aerei su civili. I russi arrivano di notte, la notte in cui Putin decide di lanciare l’invasione su larga scala dell’Ucraina. “Ho acceso lo smartphone e ho trovato i video di mia cugina, di mia sorella, loro vivono in un villaggio al confine con la Russia. C’erano carri armati russi, veicoli militari, truppe in strada”, racconta Viktoriia Piddubna, che lavora come interprete a Chernihiv. Nel tentativo di avanzare e sfondare le linee di difesa ucraine, la Russia accerchia il centro città e colpisce e rade al suolo il palazzo dell’intelligence Ucraina. “Era pieno di archivi e documenti, tutto è andato bruciato”’, raccontano. Ma colpisce indiscriminatamente anche obiettivi civili. Sgancia bombe su palazzi residenziali, sull’ospedale, fa una strage di persone in fila per il pane, butta giù con una bomba da 500 chili uno dei simboli della città, l’Hotel Ukraine. Dopo due anni si lavora all’insegna, le finestre sono saltate e la struttura è collassata, una parte della facciata è sventrata con uno squarcio alto più di dieci metri.

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Il cimitero prima della guerra era un parco

  • Vincenzo Leone

Sono circa 700 le vittime di quei giorni qui, soldati ma anche chi - come gli anziani – non ha avuto accesso a cure e visite. Tutto racconta della guerra, anche il cimitero. Dove ci sono bandiere che fischiano col vento insieme agli alberi, foto in mimetica, con i mitra, in posa davanti a un campo d’addestramento, tanti i nomi con a fianco la data marzo 2022. Non è un cimitero militare ma è un cimitero di un Paese che è ancora in guerra. Prima del 2022 era un parco pubblico, è stato un luogo temporaneo dove portare i corpi senza vita, per poi diventare quello che è oggi. Un luogo che gli abitanti di Chernihiv sentono come loro e che hanno trasformato nel nuovo cimitero cittadino.

Sono tornati quasi tutti

Prima dell’occupazione la città contava 270’000 abitanti. Nella primavera del 2022 rimangono in 70’000. Oggi – secondo i dati che fornisce il Dipartimento della cultura di Chernihiv – sono tornati in 260’000, quasi tutti. L’impegno è quello di ricostruire tutto come era prima, riprendersi la propria vita. “Questa casa non l’abbiamo comprata, questa casa l’abbiamo costruita con le nostre mani”, racconta Eugenia Novogradska. È tornata dopo l’assedio russo insieme al marito per ricostruire la sua casa da zero, colpita e distrutta durante i bombardamenti su Bobrovytsya. “Qui siamo nati noi, nostra figlia, è la nostra piccola madre patria”, racconta. Sono circa 2’000 le case come quella di Eugenia distrutte dalla guerra, 146 i complessi residenziali colpiti in città. A ricostruire danno una mano tutti. “Vogliamo aiutare le persone a ricostruire e vivere nelle proprie case”, racconta davanti al cantiere di una casa Andriy Galuga, che gestisce l’associazione Bo mozhemo, in ucraino vuol dire “perché possiamo”. “Il nostro team non è composto da professionisti delle costruzioni, ma sono fotografi, ingegneri, librai, insegnanti”, racconta Andriy. Lavorano come volontari, nessuno percepisce compenso ma dà una mano dopo che ha finito il turno in ufficio o a scuola. La casa è quasi completata, ci sono le chiavi nella serratura, il team di Bo mozhemo ne ha consegnate già 20 così. Tutte distrutte dalle fondamenta, precisa Andriy prima di rispondere al telefono e ripartire con il suo furgone.

I russi qui non sono stati accolti a braccia aperte

La Russia qui si è dovuta ritirare dopo un mese, i piani erano altri. “Si aspettavano che la gente li avesse salutati, accolti”, racconta Viktoriia Piddubna. “I loro comandanti gli avevano detto che gli ucraini volevano essere liberati, ma nei fatti la gente gli tirava pietre, aveva preparato bombe molotov”, prosegue. Perché “la gente non credeva che i tank russi potessero arrivare fino a Chernihiv”. In effetti non è successo, ma anche dopo il ritiro gli attacchi aerei sono continuati. La Russia può colpire in qualsiasi momento tutta l’Ucraina, e l’ha fatto anche a Chernihiv la scorsa estate. Il 19 agosto un missile Iskander piomba sul soffitto del Drama Theatre, in pieno centro. Ci sono ristoranti, parchi, uffici. Quel giorno ricorre una festa ortodossa, e dentro al teatro si tiene un evento di operatori di droni. Il missile fa 7 morti tra i civili e più di 140 feriti. “Era sabato, era mezzogiorno”, racconta la giornalista Vira Kuryko davanti al teatro. “C’è anche una chiesa qui vicino, era molto affollato”, aggiunge. Le sirene intanto continuano a suonare, succede quasi ogni giorno. La gente ha deciso di tornare a vivere qui al confine con Russia e Bielorussia. Ha imparato a convivere con le allerte aeree e con la guerra. Vira è molto sicura quando racconta la sua percezione del conflitto oggi. “Non abbiamo paura che tornino, non abbiamo più paura di nulla”. 

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