La medaglia d’argento di Maskym Halinichev è esposta oggi sotto una teca, al National Museum di Kiev dentro la gigantesca Statua della Madre Patria. L’ha vinta salendo sul ring alle olimpiadi giovanili di Buenos Aires del 2018. Nello stesso anno Maskym vincerà ancora gli europei di pugilato, già vinti nel 2017 e che vincerà di nuovo nel 2021. La sua carriera sportiva finisce lì, a 21 anni. Agli europei dell’anno successivo non andrà, perché a febbraio del 2022 la Russia invade il suo Paese e lui si arruola da volontario nell’esercito ucraino. Viene ferito due volte e per due volte torna sulla linea del fronte. Il 10 marzo del 2023, in uno scontro vicino a Kreminna nella regione del Lugansk, Maskym Halinichev viene ucciso.
Uccisi in guerra
Il suo nome oggi è scritto in bianco su una parete nera, all’ingresso di “The Will to Win”, la prima mostra a livello nazionale dedicata agli sport, da quando è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina, e che è stata appena inaugurata in occasione delle Olimpiadi di Parigi. La sua storia sfila su un elenco di nomi diviso in 12 colonne, quasi 500 storie di atleti e sportivi ucraini che sono stati uccisi dal febbraio del 2022 a oggi. “Finché la guerra continua, questa lista di atleti deceduti dell’Ucraina è destinata a crescere”, racconta da Kyiv Iryna Kotsabiuk, che ha curato la realizzazione della mostra, e che lavora come Head of Research and Exposition al dipartimento che nel complesso museale si occupa della “Modern Russian-Ukraine War”.
Cimeli di guerra
“In questo elenco abbiamo circa 500 nomi e ogni nome ha una storia molto unica dietro di sé”, racconta la responsabile della mostra. C’è la storia di Mykhailo Yuriiovych Matiushenko, uno dei piloti che ha contribuito a creare la leggende dei “fantasmi di Kyiv”. Ma che – osserva la responsabile del museo - “qui poche persone sanno che era anche un allenatore di nuoto”. La mostra ha aperto al pubblico il 22 luglio. “Sfortunatamente, da quando questa mostra è stata preparata, sono apparsi nuovi nomi e non sono menzionati qui ”, continua. La responsabile del museo racconta della storia di Maksym Symaniuk, astro nascente del karate ucciso a 10 anni insieme alla madre e alla sorella nell’attacco dell’8 luglio scorso su Kyiv. La sorella era una ginnasta, e “probabilmente lei o lui potevano essere dei futuri campioni”, dice Iryna Kotsabiuk. E aggiunge: “Proprio ieri, abbiamo appreso che un altro atleta è morto in Ucraina”.
Scatto
Più di 500 strutture sportive distrutte
Dietro di lei una serie di coppe, trofei e riconoscimenti sportivi scheggiati, storti e semi distrutti. “Abbiamo raccolto i resti degli articoli sportivi tra le rovine distrutte degli edifici”, racconta. La Russia in questi due anni e mezzo ha colpito indiscriminatamente stadi, palazzetti sportivi e campi d’allenamento. “Finora, la Russia ha già distrutto più di 500 strutture sportive di allenamento”, dice Iryna Kotsabiuk. Qui sono state portate alcune file di seggiolini saltate in aria sotto i colpi dei missili russi, c’è una bandiera con lo stemma ucraino recuperata mezza bruciata. E ci sono i cinque cerchi olimpici in ferro, scheggiati dalle raffiche. Tutti i reperti provengono da Chernihiv, Irpin e Kyiv, testimoniano la violenza delle prime settimane di guerra, quando la Russia ha cercato di conquistare la capitale attaccando ciecamente obiettivi civili e militari attorno alla città. La guerra è poi andata avanti su larga scala per oltre due anni, ad oggi sono 518 in tutto le strutture sportive attaccate da Mosca in Ucraina. Tra queste 15 erano strutture riconosciute per l’allenamento a livello olimpico. La regione di Kharkiv la più colpita, con 172 strutture sportive finite sotto i colpi dell’artiglieria e dell’aviazione russa. A Lugansk sono 101, nella regione del Donetsk 73.
Allenamenti tra le rovine
In rassegna tra le sale della mostra ci sono le foto di Mykola Synenykov, che dopo l’invasione ha continuato a fare foto di sport, ma negli ultimi due anni gli atleti che si allenano nelle sue foto lo fanno tra le rovine di un Paese devastato dalla guerra. Un gruppo di ciclisti sfreccia su un palazzo carbonizzato, una squadra gioca a pallavolo in un campo segnato dal cratere di una bomba, una ginnasta volteggia tra i cavalli di frisia in ferro. Le foto di Synenykov sono diventate molto popolari, al punto che a gennaio scorso anche il presidente Zelensky le ha rilanciate sui suoi profili ufficiali, per documentare gli orrori della guerra e lanciare un monito al comitato olimpico affinchè impedisse agli atleti russi e bielorussi di prendere parte ai giochi di Parigi.
Allenarsi tra le macerie
140 atleti ucraini a Parigi
“Purtroppo, la Russia è rappresentata alle Olimpiadi, ma la loro rappresentanza sarà molto limitata”, racconta Iryna Kotsabiuk. “Sono circa dieci persone e non ci sarà l’inno russo ai Giochi Olimpici, il che mostrerà ancora una volta al mondo che la Russia è l’aggressore in questa guerra”, aggiunge. Sono 15 gli atleti russi e 17 i bielorussi, che sono arrivati a Parigi in una uniforme senza bandiera, iscritti come “individual neutral atlete”. A Londra 2012 i russi in gara erano 429. In mostra qui ci sono anche le divise con cui sfilano gli atleti ucraini, presenti in 140 a Parigi. È la delegazione con il più basso numero di atleti per l’Ucraina nella sua storia. Sono circa 4’000 gli atleti che sono invece coinvolti in attività legate alla guerra, e che hanno abbandonato temporaneamente i loro allenamenti. C’è chi è al fronte, e chi non ha più un campo dove allenarsi. “Qui non ci sono solo le fotografie delle strutture sportive distrutte, ma anche le fotografie degli atleti che si allenavano in queste strutture”, racconta la responsabile della mostra. Che racconta come in molti casi i campi sportivi siano impossibili da ricostruire e vadano smantellati e ricostruiti del tutto. “Durante l’invasione su larga scala, è molto importante continuare ad allenarsi e i nostri atleti sono, in un certo senso, gli ambasciatori dell’Ucraina che raccontano al mondo intero le difficoltà che il nostro paese sta attraversando ora”, dice.
Chi viene qui con lo stesso biglietto può avere accesso alla mostra sulla Seconda Guerra Mondiale, al piano di sopra c’è anche una esposizione con i resti dei droni utilizzati dalla Russia per attaccare in Ucraina. E la documentazione di quanto successo qui esattamente un anno fa, quando è stato rimosso dallo scudo impugnato dalla Statua della Madre Patria il simbolo della falce e martello, per essere sostituito dal Tryzub ucraino che oggi campeggia a più di 60 metri di altezza. In più all’ingresso c’è anche una esibizione temporanea dedicata alla celebrazione della brigata Azov. Ma questa mostra serve anche da monito per testimoniare un altro aspetto. “Testimonia la distruzione delle infrastrutture civili, che può essere considerata un crimine di guerra”, racconta la responsabile della mostra. “Ogni scena, ogni dettaglio è evidente e può essere visto e verificato”, continua Iryna Kotsabiuk. Che indica anche il respiro più ampio rispetto alla durata dei giochi di questa mostra. “La Russia continua a prendere di mira le infrastrutture civili ucraine. Ecco perché speriamo che la Russia sarà chiamata a rispondere dei crimini, e in particolare del crimine di distruzione delle infrastrutture civili, una parte delle quali è costituita dalle infrastrutture sportive”.
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Telegiornale 28.07.2024, 20:00