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Ucraina, un mese di guerra

L'offensiva russa prosegue, mentre la situazione umanitaria è "catastrofica"; cosa Kiev si può permettere di perdere? L'analisi

  • 24 marzo 2022, 07:43
  • 20 novembre, 18:25
Un soldato ucraino a Odessa

Un soldato ucraino a Odessa

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Di: Stefano Grazioli 

La guerra iniziata il 24 febbraio è entrata in una fase di stallo apparente, l’offensiva russa prosegue concentrandosi nella parte orientale e meridionale del paese, mentre nelle regioni occidentali vengono colpiti obbiettivi militari strategici. I colloqui per una tregua, iniziati già due settimane fa e proseguiti a singhiozzo, non hanno condotto a nulla di concreto, nonostante gli sforzi della comunità internazionale. La situazione umanitaria è catastrofica, sia nelle città assediate dell’ex repubblica sovietica, sia ai margini, con i milioni di profughi che si sono riversati nei paesi limitrofi. Al momento non si scorge una via d’uscita. D’altra parte, è vero, che la guerra iniziata nel 2014, con quella che Kiev aveva denominato Ato (Operazione antiterrorismo), avviata per riportare sotto il proprio controllo le repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk, era proseguita per cinque mesi (da aprile a settembre 2014) prima che si arrivasse ai primi accordi di Minsk; solo i secondi, quelli del febbraio del 2015, avevano congelato la situazione che l’invasione russa cominciata un mese fa ha fatto degenerare. Allora le forze in campo erano un decimo di quelle attuali e si combatteva in una regione molto limitata: fatte le debite proporzioni, in aggiunta al fatto che gli obbiettivi del Cremlino a tutt’oggi non sono chiari, è presumile appunto che i tempi per una risoluzione del conflitto siano lunghi.

Ucraina-Russia, chi sta vincendo

Per la Russia le operazioni militari proseguono come previsto, da parte Ucraina si mette l’accento sulla propria resistenza e sulle perdite altrui. La guerra sul campo è accompagnata da quella della propaganda. La realtà è che Kiev sta fronteggiando l’invasione russa da quattro settimane e al di là delle ragioni dello stallo, apparente, dato che comunque l’avanzata procede a ondate e si concentrata ora su alcuni obbiettivi tralasciandone altri, l’Ucraina si ritrova assediata: importanti città del sud sulla direttrice che unisce il Donbass alla regione di Odessa sono sotto controllo russo (Berdyansk, Melitopol e Kherson), solo Mariupol resiste ancora, come Mikolayv; Odessa potrebbe essere il prossimo obbiettivo. A nordest Sumy e Kharkiv sono accerchiate e il perimetro delle repubbliche di Donetsk e Lugansk si è allargato. Grandi centri come Dnipro e Zaporizhzhia sono sempre sotto pressione. Come la capitale Kiev e, al nord, Chernihiv. All’ovest la situazione è relativamente tranquilla, qui la Russia ha colpito solo a distanza, obbiettivi sensibili, anche con i nuovi missili ipersonici Khinzhal. Insomma, dopo un mese di guerra l’Ucraina resiste, ma non si può dire che stia vincendo la guerra o sia nelle condizioni di dettare alla Russia la ritirata.

Cosa l’Ucraina si può permettere di perdere e cosa no

Il presidente Volodymyr Zelensky è sempre impegnato da una parte a incitare alla resistenza, dall’altro a rafforzare l’alleanza internazionale contro la Russia. Ma l’Occidente non interviene militarmente nel conflitto, USA e NATO aiutano a distanza: l’Ucraina sul terreno è sola contro la Russia e al momento ne ha già perso un po’: parte dell’est e del sud è controllato dalle truppe del Cremlino e al momento non è chiaro cosa succederà. Molto dipenderà da ciò che uscirà dai colloqui sempre in corso, seppure a corrente alternata. Le forze messe in campo da Vladimir Putin non sono sufficienti per occupare tutto il paese, già la presa di Kiev pare complicata. L’Ucraina nel 2014 ha già perso la Crimea e parte del Donbass, il rischio che i confini dell’ex repubblica sovietica possano nuovamente essere modificati è reale. L’obbiettivo principale russo sembra essere quello ora di completare il corridoio che va dal Donbass a Odessa e questo sarebbe in ogni caso un duro colpo per l’Ucraina, sia a livello militare che simbolico, al di là della battaglia per Kiev.

L'avanzata russa in Ucraina in un mese

Diplomazia, quali le mosse per mettere fine al conflitto

Per adesso la diplomazia ha mostrato tutti suoi limiti. E non c’è da stupirsi, visto che la guerra arriva appunto quando la diplomazia non ha vie d’uscita e prima che ritorni ci vuole tempo. Le posizioni per un compromesso paiono distanti, con Kiev che ha accusato Mosca di non voler intavolare trattative serie e la tattica russa sul campo mostra che per il Cremlino non è ancora arrivato il momento dei negoziati. Da un lato Putin cerca di guadagnare terreno, dall’altro Zelensky non accetta ultimatum, per cui un accordo è tutt’altro che vicino. I temi in discussione sono quelli della neutralità dell’Ucraina e delle garanzie di sicurezza che dovranno dare non solo Mosca, ma anche i paesi occidentali, vale a dire gli Stati Uniti e la NATO in primis. Basterà la concessione della neutralità per far ritirare le truppe russe alle posizioni del 23 febbraio? Continuerà Mosca la guerra anche contro gli obbiettivi civili per costringere Kiev alla capitolazione e alla cessione di altri territori? O riusciranno la resistenza ucraina e le sanzioni occidentali a far cambiare la strategia del Cremlino, facendo puntare a un compromesso al ribasso? Da Kiev si è detto che per un accordo ci vorrà ancora qualche settimana.

Un bimbo ucraino in una tenda sul confine con la Romania

Un bimbo ucraino in una tenda sul confine con la Romania

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I nuovi equilibri geopolitici

La Russia è isolata sul fronte occidentale, ma ha sempre la Cina dalla sua parte. L’Occidente è più unito, NATO e Unione Europea di nuovo coesi sotto l’ombrello degli Stati Uniti. Non si sa ancora come ne uscirà l’Ucraina, ma a livello geopolitico l’ex repubblica sovietica è sempre stata negli ultimi trent’anni una palla rimbalzata tra Russia e Usa: nelle mire di Mosca come parte essenziale del giardino di casa ex sovietico, grimaldello per indebolire la periferia dell’ex impero per Washington. Si è quindi ritornati ai tempi della Guerra fredda, con la differenza che oggi c’è anche Pechino a dire la sua. Quella russo-cinese non è un’alleanza d’acciaio, è basata sul pragmatismo e sull’idea del nemico comune, quegli Stati Uniti che ovviamente Pechino non vuole aiutare per affondare Mosca, sapendo che Washington ha proprio la Cina nel mirino. Tra Russia ed Europa si è aperta una ferita che sarà difficile da rimarginare in tempi brevi, anche se il mondo globalizzato del Terzo millennio non è quello analogico della fine della Seconda guerra mondiale che per meno di mezzo secolo ha tenuto separati due blocchi contrapposti. La Russia è ancora nello Swift, il gas russo continua ad arrivare attraverso Nordstream 1 e gli altri due gasdottti che passando attraverso Polonia (Yamal) e Ucraina (Druzhba). Ci vorrà un decennio per svincolarsi dalla dipendenza energetica russa e a quel punto non è detto che al Cremlino ci sia ancora Vladimir Putin.

03:17

TG 20.00 del 15.03.2022: l'opinione di Sergio Romano

RSI 16.03.2022, 16:53

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