Reportage

Un rifugio a Kiev per i veterani LGBTQ

Nella capitale ucraina è stata aperta una struttura per offrire assistenza ai militari (ma non solo) e promuovere il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali anche nelle file dell’esercito

  • 2 ore fa
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A Kiev c’è chi aiuta i militari LGBTQ

RSI Info 31.01.2025, 17:47

  • RSI Vincenzo Leone
Di: Vincenzo Leone (da Kiev) 

Oleksandr, 30esima brigata di Novograd-Volynsky. Vitaliy, unità A4674. Maksym, 107esima brigata di difesa territoriale meccanizzata. Volodymyr, colonnello. Ci sono le foto appese alle pareti, le loro storie in un testo, ma i loro volti bisogna immaginarli perché oscurati e resi irriconoscibili dai pixel.

È la prima cosa che si nota entrando qui. “Sono foto di ragazzi che sono stati uccisi dai russi. Non hanno avuto il tempo di fare coming out quando erano in vita”, racconta Viktor Pylypenko. È il fondatore della prima struttura a Kiev che offre assistenza a veterani della comunità LGBTQ. “L’unico luogo di questo tipo in tutta l’Europa dell’Est e in tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico”, racconta Viktor.

Più di 10 anni di esperienza militare, ha combattuto da volontario in Donbass nel 2014 e poi in prima linea nel 2022, unendosi alla 72esima brigata. Nel 2018 il suo coming out pubblico segna un momento di cambiamento radicale, Viktor è il primo soldato dell’esercito ucraino a dichiararsi gay pubblicamente. Organizza campagne e iniziative, lancia una community online su Facebook e Telegam. Fonda una associazione che da luglio scorso ha trovato una dimensione fisica, un ponte tra chi torna dalla guerra e chi è ancora a combattere.

Questo elemento si “vede” osservando la parete con le patch di unità e brigate diverse che i soldati e le soldatesse inviano dal fronte. Aumentano sempre di più, raccontano con soddisfazione. “Ogni giorno, riceviamo richieste da altri ragazzi e ragazze che vogliono unirsi alle nostre chat, vogliono comunicare con noi”, racconta Viktor.

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Nei locali dell'hub

  • RSI Vincenzo Leone

L’hub è in pieno centro, a pochi passi dalla iconica ruota panoramica che svetta sulla piazza principale di Podil. Una grande stanza, una sala per gli incontri e dibattiti e una stanza con le postazioni d’ufficio. “Teniamo lezioni e workshop. Non siamo una comunità chiusa che opera esclusivamente per i militari” racconta Andriy Lel’, veterano 51enne che lavora qui. Presto si sposteranno nello stesso quartiere ma in locali più ampi, nell’area che ospita anche il K-41, storico club di musica elettronica. Ampliando la rete di eventi e incontri. Perché oltre alla parte di supporto attivo, qui si porta avanti una intensa attività di advocacy. “Ci siamo uniti per lottare per i nostri diritti uguali e per aiutarci a vicenda”, racconta Viktor.

L’obiettivo è arrivare al riconoscimento di alcuni diritti fondamentali anche in ambito militare, al momento ancora negati. In Ucraina manca una legge sul riconoscimento delle unioni civili e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, e una legge che punisca i crimini d’odio. L’ultimo sondaggio del Kiev International Institute of Sociology dice che il 70,4% delle persone qui è a favore di pari diritti, quasi il 7% in più in due anni. Poco più di una persona su quattro – il 28,7% - è a favore delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il 35,7% resta contrario. Una frammentazione della società civile che si riflette – in un Paese in guerra – inevitabilmente sull’esercito. Che come racconta Viktor è un “laboratorio sociale”.

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I volti dei soldati lungo le pareti

  • RSi Vincenzo Leone

A combattere oggi ci sono soldati di professione ma anche molti civili che “non hanno cultura militare”, questo influisce sui casi di omofobia. In più “molti dei comandanti dell’esercito provengono dall’era sovietica, quindi dipende molto dal comandante e dal suo approccio verso la comunità LGBTQ”, racconta Lel. “Se un comandante è intelligente, può sempre fermare qualsiasi maltrattamento”.

C’è molto lavoro da fare, spiegano. Raccontano di essere bersaglio della propaganda russa, dei movimenti di estrema destra. Ma sono ottimisti, questo posto è un inizio, un luogo sicuro. A pochi minuti a piedi da qui c’è il cinema Zhovten, il più antico di Kiev. Nell’ottobre del 2014 una bomba incendiaria distrusse parte del tetto, nella settimana in cui si teneva un festival cinematografico LGBTQ. È un episodio che spiega come è cambiata la città, come sta cambiando l’Ucraina e spiega anche la missione di Viktor, che “non è importante soltanto per le persone LGBT, ma è importante per tutti noi”, racconta. “Questa è una battaglia che possiamo chiamare evoluzione”.

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