Volodymr Zelenskyè arrivato sul palcoscenico del Forum Economico di Davos il giorno dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. E non è un caso che il suo discorso sia stato imperniato sul ruolo forte ed indipendente che l’Europa dovrà ricoprire nel futuro prossimo, proprio nel contesto di una diversa strategia degli Stati Uniti nei rapporti transatlantici. Il presidente ucraino ha in questo modo fatto buon viso a cattivo gioco e, sottolineando il rapporto pragmatico con il suo omologo statunitense, ha auspicato la fine della guerra già nel 2025, con il raggiungimento di una pace duratura e giusta. Zelensky da tempo ha introdotto questa formula, senza specificarne i dettagli, ma mettendo soprattutto in risalto la necessità di terminare il conflitto con garanzie internazionali che assicurino la pacificazione, sia da parte degli Stati Uniti che appunto dell’Unione Europea. L’accento del 2025 a Davos è stato messo quindi più sulla necessità della pace, che non sulla speranza della vittoria, come accaduto nelle occasioni passate.
Cambiamento radicale
D’altro canto il quadro rispetto allo scorso anno è mutato radicalmente. Nel gennaio del 2024 Zelensky puntava ancora sulla successo sul campo e la cosiddetta formula di pace per la risoluzione del conflitto, anticipata già nel novembre del 2022, prevedeva il ritiro delle truppe russe da Crimea e Donbass. All’orizzonte la conferenza di pace, poi tenutasi al Bürgenstock a giugno, che avrebbe dovuto rafforzare e allargare il fronte diplomatico antirusso: ma anche questa si sarebbe trasformata in un fallimento, con la Cina a guidare i BRICS sul lato di Mosca, a favore di negoziati partendo dallo status quo, ossia dalle conquiste del Cremlino negli ultimi tre anni. Posizione che appena dopo l’insediamento di Trump il 20 gennaio Vladimir Putin e Xi Jinping hanno confermato durante una conversazione telefonica.
A Kiev dodici mesi or sono si sperava ancora che nuovi aiuti occidentali, dai caccia statunitensi F16 ai missili a lungo raggio ATACMS e SCALP-Storm Shadow, avrebbero dato slancio a quella controffensiva tanto annunciata sin dalla primavera del 2023 e mai avvenuta; meno di sei mesi fa Zelensky aveva presentato a Washington e alle cancellerie occidentali il suo cosiddetto piano della vittoria. Poi nell’ultimo trimestre dell’anno anche il presidente ucraino ha dovuto prendere consapevolezza della realtà, in parallelo ai cambiamenti politici negli USA e alla situazione sempre in peggioramento sul terreno di guerra.
Peggioramento al fronte
All’inizio del 2025 la cornice per le truppe ucraine è peggiorata su tutta la linea del fronte e l’incursione nel territorio russo di Kursk si è ormai ridotta ai minimi termini, con l’operazione diversiva sostanzialmente trasformatasi in un fallimento, anche per aver indebolito le difese nel Donbass. Zelensky a Davos ha offerto un quadro dai toni morbidi, ma ha ammesso le difficoltà: qui la situazione più critica è soprattutto a Pokrovsk, una delle ultime roccaforti nell’oblast di Donetsk, a un pugno di chilometri da quello di Dnirpopetrovsk.
Il rischio è che il punto strategico venga circondato e a breve cada, consentendo l’avanzata delle forze russe sulla direttrice che conduce a Pavlograd e Dnipro, con la sesta regione ucraina che diventerebbe campo di battaglia. Anche poco più a sud, verso la regione di Zaporizha, la pressione dei russi è aumentata, in direzione di Velyka Novosilka. Stessa situazione più a nord, sia intorno a Toretsk, Chasyv Yar, Kupiansk e Lyman. Ovunque le truppe ucraine soffrono la supremazia numerica russa e sino ad ora gli attacchi di alleggerimento in profondità oltre il confine russo non hanno sortito effetti significativi.
Pace con la forza
L’andamento del conflitto ha reso quindi necessaria anche la correzione della narrazione e dell’approccio a un possibile tavolo delle trattative. L’ultimo passaggio semantico e diplomatico di Zelensky è stato quello dal piano della vittoria alla pace attraverso la forza, mettendo come obbiettivo appunto la pacificazione duratura con le garanzie occidentali, da ottenere comunque con la forza, di Donald Trump, per condurre Vladimir Putin a una sorta di compromesso. Resta da vedere quali saranno le prime mosse della Casa Bianca e le risposte del Cremlino, che sino ad ora è sembrato abbastanza scettico, in attesa di un approccio più concreto e forse del primo incontro fra i due presidenti.
WEF al via
Telegiornale 21.01.2025, 12:30