ANALISI

Fra Putin e Trump non si farà tutto in 24 ore

Con l’entrata in carica del nuovo presidente statunitense, da ridefinire i rapporti con la Russia e il futuro dell’Ucraina

  • Oggi, 14:48
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L'incontro fra Putin e Trump al G20 di Osaka nel 2019

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Di: Stefano Grazioli 

Il nuovo mandato di Donald Trump impone a Vladimir Putin una sfida complicata. Benché i due presidenti si siano trovati già di fronte lo scorso decennio e dunque si conoscano già bene, il contesto delle relazioni tra Russia e Stati Uniti è cambiato profondamente dopo l’inizio della guerra su larga scala in Ucraina nel 2022 e il Cremlino compete con un avversario la cui prevedibilità non è sempre scontata. Al di là della narrazione mainstream, che ha contraddistinto anche il primo quadriennio tra il 2017 e il 2021 del tycooon alla Casa Bianca, volta ad evidenziare più le affinità tra i due capi di Stato che non le divergenze strutturali tra Mosca e Washington, Putin e Trump sono appunto rappresentanti di due potenze che si muovono su assi diversi, nel contesto dello spostamento degli equilibri politici mondiali che il conflitto tra Russia e Ucraina ha accelerato, ma è ormai in corso da tempo.

Conflitto esistenziale per la Russia

Proprio durante la prima presidenza Trump, arrivata dopo la primi crisi tra Mosca e Kiev e l’avvio della prima guerra limitata nel Donbass a partire dal 2014, il fosso tra Russia e Usa si è allargato, tra le sanzioni politiche ed economiche occidentali e l’aumento del sostegno militare e d’intelligence da parte degli Stati Uniti all’Ucraina. Se l’escalation militare è avvenuta durante il mandato di Joe Biden, la fase propedeutica si è avuta appunto con Trump. Le relazioni tra Mosca e Washington sono andate poi sempre peggiorando, arrivando anche a fasi estremamente critiche in quei momenti del conflitto aperto in cui il Cremlino ha evocato la minaccia nucleare, riportando l’orologio ai tempi della Guerra fredda. Putin considera il conflitto tra Mosca e Kiev esistenziale per la sopravvivenza non tanto del sistema che ha costruito negli ultimi venticinque anni, quando della Russia stessa, poco importa che dall’altra parte dell’Oceano ci siano stati Barack Obama, il primo presidente del confronto diretto sino al 2014, poi Trump e Biden. Il ritorno di The Donald rappresenta quindi un “déjà vu”, con la variante di una maggiore incertezza.

Gli auspici del Cremlino

Già nelle scorse settimane il Cremlino da un lato ha fatto sapere che il cambio di inquilino alla Casa Bianca non muterà certo radicalmente le posizioni della Russia in merito alla soluzione del conflitto; dall’altro la speranza russa è quella che gli Stati Uniti decidano di cambiare approccio, utilizzando una strategia più pragmatica che ideologica, al di là delle motivazioni, interne o esterne, che possano spingere Trump a cercare il dialogo con Putin. In sostanza il Cremlino punta, e non è certo una novità, a sedersi al tavolo delle trattative sulla base della situazione attuale sul terreno, ossia l’occupazione della Crimea e delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhia e Kherson, e la condizione di Kiev fuori dalla NATO. Il nuovo presidente statunitense negli auspici russi dovrebbe in qualche modo rimodulare la linea tenuta dal suo predecessore e certificare il disimpegno in Ucraina attraverso nuovi accordi per la sicurezza continentale che contemplino gli interessi di Mosca.

La strategia di Trump

Più che della decisione di chiudere il conflitto in 24 ore, come annunciato in campagna elettorale da Trump, si tratta quindi per entrambe le parti di affrontare un processo di avvicinamento ai negoziati che richiederà però tempo. L’orizzonte dei primi cento giorni alla Casa Bianca del nuovo presidente può essere realistico per delineare una road map che sarà in ogni caso lunga, se già nelle prossime settimane da Washington e Mosca arriveranno segnali per un possibile incontro tra i due presidenti che segni in qualche modo il cambiamento rispetto alla presidenza Biden. Per ora, se da un lato la posizione di Putin è nota e chiara, la strategia di Trump rimane sconosciuta.

Le prime dichiarazioni dell’inviato speciale statunitense, il generale Keith Kellogg, hanno anticipato comunque un’attitudine differente, più realistica rispetto allo status quo militare, ma sempre cauta: al di là di un accordo preliminare per il cessate il fuoco, l’aspetto più complicato di eventuali trattative riguarderà il futuro status dell’Ucraina rispetto a Russia e Occidente e su questo dossier Trump non si è ancora sbottonato. È però evidente che ogni decisione in merito passerà in sostanza sopra la testa del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, costretto a fare da spettatore. Il destino di Kiev dipende quindi dalle scelte della Casa Bianca, prima quelle che riguardano il prolungamento, la quantità e la qualità del sostegno che apriranno o meno la via per la pacificazione, poi quelle relative alla ridefinizione dell’architettura di sicurezza con l’Ucraina tra Russia e Occidente. E anche Putin è in attesa di vedere quali saranno le prime mosse concrete di Trump e in quale direzione andranno.

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USA, grande attesa per la cerimonia di insediamento di Trump

Telegiornale 20.01.2025, 12:30

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