Analisi

Una vittoria monca per Modi, ora alla prova della coalizione

Il primo ministro indiano ha vinto ma non ha i voti per governare da solo – Paga la propria arroganza e la retorica religiosa induista, con la popolazione che chiede meno tempio e più lavoro

  • 5 giugno 2024, 10:48
  • 5 giugno 2024, 15:12
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Durante la campagna non si percepiva un entusiasmo come in passato per il condottiero Modi, ma stanchezza e rassegnazione

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Di: Chiara Reid 

Da quando il 19 aprile le elezioni indiane erano ai nastri di partenza, una schiacciante vittoria di Narendra Modi era data per scontata. Ma noi corrispondenti dall’India, mentre macinavamo chilometri in lungo e in largo, raccoglievamo un’impressione diversa. Sulla chat whatsapp in cui ci scambiamo le idee, apparivano infatti segnali di disturbo: non era percettibile un entusiasmo come in passato per il condottiero Modi, ma stanchezza, rassegnazione. E voci contrarie, che solo dopo averne guadagnato la fiducia, osavano esprimersi.

Anche questo miracolo economico, con l’India quinta economia mondiale, non trovava riscontro sul terreno. La gente è indebitata, pagata uguale a prima del Covid, mentre gli alimentari costano il 6% in più al mese, ma non le lavatrici o i beni superflui, che però nessuno compra. Le donne non entrano nella forza lavoro, gli studenti diventano una massa di disoccupati e 220’000 persone ogni anno rinunciano alla cittadinanza e se ne vanno. Segni questi di un’economia in crisi.

I risultati rispecchiano questo sentimento. Modi ha vinto ma non ha i voti per governare da solo: si deve appoggiare a due grandi partiti regionali che in passato (uno fino a pochi mesi prima del voto) erano alleati del Congress, quindi sono di una volatilità estrema. La coalizione significa due cose, opposte. La prima: corruzione e “mercato delle vacche”, con gli alleati che pongono condizioni e richieste anche materiali. La seconda: un benefico controllo del potere, gli uni verso gli altri, che potrebbe evitare le derive autoritarie che abbiamo visto in passato (scavalcamento dell’iter parlamentare, nomine di giudici e istituzioni senza rispettare le regole, indagini di polizia unidirezionali contro avversari politici, eccetera).

01:54

India, Modi vince ma non trionfa

Telegiornale 04.06.2024, 20:00

Il successo del gruppo India, che dal niente ottiene 232 seggi, ha del miracoloso. Sono partiti molto diversi: alcuni concentrati sulle regioni da cui provengono, altri che guardano a una particolare casta o comunità, alcuni più a sinistra, altri più borghesi. Poco importa, sono stati votati perché sono contro Modi.

Il primo ministro ha peccato di arroganza e ha commesso molte altre sviste, che ora i commentatori stanno sviscerando una ad una. Per inventario: ha scontentato i quadri del partito regalando seggi sicuri a nuovi venuti transfughi da altre formazioni; ha fatto temere alle caste più basse (e numerose) che avrebbe riveduto le quote di discriminazione positiva che danno loro lavoro e scuole; ha insultato la minoranza dei musulmani chiamandoli infiltrati, terroristi e “coloro che fanno troppi figli”, mentre la gente che vive loro accanto sa bene che le cose non stanno così; ha messo il bavaglio alla stampa e ha demonizzato quella straniera; ha tentato di imporre una riforma dell’agricoltura che trasferiva i raccolti verso i grandi potentati dei suoi amici, gli Adani Ambani Jindal della situazione; ha distribuito sacchi di riso ai poveri con incollata sopra la sua faccia formato gigante, togliendo i fondi direttamente dalle scuole e dagli ospedali; ha dato in appalto treni veloci e strade ai suoi amici, delle infrastrutture che pochi potranno usare e che fungono da motore all’economia (per questo la borsa è nel panico ora, temendo una stretta all’edilizia pubblica).

E poi c’è il peccato principale: la retorica religiosa induista, il cuore della sua politica identitaria al punto che non parlava quasi d’altro; gli si è ritorta contro. Ironia della sorte, il seggio di Faziabad nel comune dove si trova il tempio di Ayodhya, che Modi inaugurò in gennaio sulle rovine della moschea di Babri, è andato agli avversari.

L’India sembra avere detto basta, meno tempio e più lavoro. L’India merita una migliore chance per la sua popolazione, per i suoi giovani che sognano un futuro con Instagram (qui non c’e Tiktok), e devono poterlo trovare dentro i confini di questa grande e ricca nazione.

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